Di Renato Del Favero
Articolo apparso sul N.96 di Luce e Ombra gennaio-marzo 96
Ho conosciuto il Cerchio Firenze 77 parecchi anni fa, nel 1982. E’ stata e rimane un’esperienza straordinariamente significativa, che mi ha toccato in profondità, dando un nuovo orientamento alla mia riflessione esistenziale e alla mia vita. Dapprima ho avuto l’occasione di incontrare alcune persone che frequentavano la casa di Roberto Setti, il medium. Mi sono sembrate persone semplici ma vere, persone autentiche, calorose ma non fanatiche, entusiaste ma non interessate ad alcun tipo di proselitismo. Le ho sentite concrete, con i piedi per terra, persino sanamente laiche nella loro impostazione esistenziale. Ho conosciuto poi il medium Roberto Setti. Quando l’ho conosciuto era sui cinquant’anni ed era già infermo agli arti inferiori per la malattia che l’aveva colpito (sclerosi amiotrofica). Ricordo di lui lo sguardo sereno e mite, un’espressione timida e pensosa. Mi sembrava anche di avvertire una nota di tristezza e di disagio, dovuta certamente al fatto di doversi presentare agli altri su una sedia a rotelle. Fisicamente era un bell’uomo, con un fisico proporzionato e asciutto, con un volto luminoso e onesto. Vestiva senza enfasi, in modo classico e curato, esprimendo nell’aspetto e nella persona una grande, serena dignità. L’eloquio era lento, pacato, senza grande vivacità, con toni smorzati. Riceveva le persone a casa sua, un appartamento al secondo piano di un condominio, nella prima periferia di Firenze, dove viveva in affitto. Lì si svolgevano le sedute, almeno negli ultimi anni. Il disagio di cui ho parlato sopra era dovuto anche, soprattutto negli ultimi anni, al fatto di essere oggetto di tanta attenzione. Si sentiva che non gli era congeniale il ruolo di intrattenitore di ospiti e infatti, finiti i convenevoli, ai quali non si sottraeva mai, era felice di riprendere il ruolo, a lui ben più gradito, di ascoltatore attento e silenzioso di quanto gli altri andavano dicendo. Non gli piaceva questo esporsi continuamente agli sguardi e alle domande di tante persone. Aveva separato tenacemente, per trent’anni, la sua vita privata e l’attività medianica dal suo ruolo pubblico di impiegato presso il Comune di Firenze. A Palazzo Vecchio, dove andava ogni mattina a lavorare, lo conoscevano solo come l’impiegato Roberto Setti, un uomo serio, attento, ligio al proprio dovere, scrupoloso e attivo. E fu così fino alla fine della sua vita, fino a quel 29 febbraio del 1984 quando ci lasciò serenamente nel sonno. Dopo aver incontrato gli amici del gruppo, dopo aver conosciuto Roberto Setti, finalmente giunse anche per me l’occasione di partecipare ad una seduta e di ascoltare direttamente loro, le "Voci". Queste Voci uscivano dalla bocca di Roberto. A parlare, apparentemente, era sempre lui, anche se in uno stato particolare che definiamo convenzionalmente trance medianica, ma chi le ascoltava (e i testimoni sono oltre un centinaio) ne ricavava la netta sensazione di parlare con qualcun altro, con delle personalità precise e ben definite che però sembravano esprimersi da un’altra dimensione: una dimensione diversa dalla nostra, più alta, più sottile, più universale. Queste voci, e lo dico a distanza di tanti anni, mi hanno coinvolto emotivamente e mi hanno affascinato intellettualmente. Erano Voci pacate, ma autorevoli. Voci lucide, razionali, che non parlavano in modo fanatico, che non imponevano la loro visione della vita. Questo soprattutto mi ha colpito: c’era sincero affetto e amicizia nelle loro parole, ma nessuna enfasi emotiva, nessuna retorica pia, nessuna esortazione paternalistica in nome di qualche valore religioso, come usano i predicatori di ieri e di oggi. Non si preoccupavano di parlare di se stessi, di chi erano stati nel passato, di quando e come avevano acquisito quella loro saggezza. Anche il nome che si attribuivano aveva tutta l’aria di essere un nome convenzionale che doveva servire per identificarli e nulla più: Dali, Kempis, Claudio, Teresa, Fratello Orientale, Veneziano... Non parlavano neanche di noi (quanto l’avremmo voluto!) dei nostri piccoli e grandi dolori, dei nostri dubbi o tormenti. Ma sentivamo, e a volte ce ne davano la prova, che dolori e tormenti erano da loro pienamente conosciuti. Semplicemente ci offrivano una visione diversa della realtà per la quale quei dolori, quei dubbi, il passato e il presente della nostra esistenza, si inserivano finalmente in un disegno più ampio in cui tutto acquistava senso, diventava ragionevole, in cui nulla avveniva per caso, nemmeno l’incontro con loro. Prendete, dicevano, solo quello che vi convince di quanto noi diciamo, analizzatelo tra voi e se desiderate farci delle domande in proposito fatelo pure, noi risponderemo. Dicevano ancora: Non preoccupatevi di correre a comunicare queste cose agli altri, magari con la scusa di far loro del bene. Siate invece pronti a rispondere a chi chiede, a chi sta cercando, a chi non è soddisfatto delle risposte che ha trovato finora. Noi, dicevano, non siamo qui per convertire, non siamo qui per fondare una Religione, una Setta, né tantomeno incarichiamo voi di farlo. Siamo qui per proporre risposte a chi cerca sinceramente e non trova. E non ci stupivano solo con la loro saggezza, ci offrivano, di quando in quando, anche dei veri e propri prodigi, di quelli che la parapsicologia chiama fenomeni paranormali. Quasi ad ogni incontro donavano ad uno dei presenti (di solito a chi era arrivato per la prima volta) un piccolo oggetto, producendolo dal nulla durante la seduta. Ho visto anch’io, come tanti altri amici, le mani di Roberto divenire luminescenti e lavorare rapidamente una piccola massa luminosa ed informe che poi veniva consegnata ancora morbida, non stabilizzata, nelle mani di uno dei presenti e che, divenuta, dopo alcuni minuti, completamente solida, si rivelava un anello, una spilla, un cammeo, una crocetta, un oggetto antico. Ho sentito anch’io il profumo che si diffondeva per la stanza quando veniva una certa Entità. L’Entità Dali, per esempio, era sempre accompagnata da un profumo di violetta. Ho avvertito anch’io il corpo di Roberto sollevarsi in aria e restare per alcuni minuti in levitazione quando veniva l’entità Teresa. Ho saputo dagli amici presenti di una pioggia di foglie d’ulivo cadute dal soffitto in un giorno di primavera, di un bicchiere di vino e di un pane comparsi sul tavolo all’improvviso mentre una Voce diceva parole ispirate. Ho visto, essiccata ma ancora intatta, la rosa che un giorno un’amica si ritrovò in grembo durante una seduta. Loro sorridevano di queste cose. Si tratta, dicevano, di fenomeni che produciamo usando le vostre leggi fisiche. Sono semplicemente leggi che l’Umanità non conosce ancora. E spiegavano che quegli oggetti esistevano in qualche altro luogo e venivano da loro smaterializzati e rimaterializzati durante la seduta. Questa, aggiungevano, è solo grancassa, serve per attirare l’attenzione degli uomini sulle nostre parole, sui contenuti. Forse è bene spiegare subito che la loro presenza non è stata un fenomeno estemporaneo, non si è realizzata per pochi intimi tre o quattro volte. Tutt’altro. Essi hanno parlato per ben 37 anni, portando avanti un insegnamento filosofico sapienziale molto articolato e complesso, che per fortuna è ora accessibile a chiunque essendo stato in larga parte pubblicato. Per essere corretto ed obiettivo dovrei limitarmi a quanto ho visto negli ultimi anni, essendo io solo un testimone dell’ultima ora, ma mi sembra utile e opportuno inquadrare storicamente gli eventi basandomi su quanto mi hanno detto, in anni di assidua frequentazione, gli amici che prima di me sono stati testimoni diretti. Un po' di storia. Tutto comincia un lontano giorno del 1946, il 28 di maggio. Roberto era un ragazzo di 16 anni e studiava per divenire geometra. Con stupore suo e dei suoi familiari si rese conto di essere un medium. All’inizio le Entità che parlavano attraverso di lui erano dei familiari: il fratello defunto, un parente, un amico di famiglia. Ben presto però si presentarono le Entità-Guida e iniziarono un vero e proprio insegnamento. A poco a poco gli incontri, le sedute, acquistarono una modalità standard, come delle vere e proprie lezioni. Quella che descriverò è una seduta tipo, come avveniva negli ultimi anni, quando anch’io ho potuto essere presente. Le date degli incontri venivano stabilite dalle Entità. Di solito ogni quindici giorni, di sabato sera. Nel salotto di Roberto si riunivano una dozzina di amici o poco più, quanti in realtà la stanza ne poteva contenere. Dopo i saluti e i convenevoli venivano abbassate le luci. Roberto, seduto sulla poltrona, si concentrava qualche istante e si assopiva, almeno apparentemente. Dopo qualche minuto cominciava a parlare. Ma la voce non era più propriamente la sua. E anche i pensieri, i concetti non sembravano più i suoi. Erano concetti diversi, più impegnativi, più complessi. Del resto alla fine della seduta, quando si risvegliava, Roberto non aveva ricordo di nulla e per sapere cosa aveva detto doveva ascoltare il nastro registrato. Non è poi che cambiasse voce una sola volta, ma tante volte quante erano le Entità che venivano a parlare. Ciascuna aveva la propria voce e ciascuna aveva, soprattutto, uno stile e delle caratteristiche psicologiche proprie e diverse. Ci furono Entità maschili, la maggioranza, ma anche Entità femminili. E non vennero solo Entità sconosciute, ma anche persone ben note ai presenti: una madre poté parlare con la figlia diciottenne morta per un incidente di motorino, due amici, fratello e sorella, poterono parlare con il loro padre morto qualche anno prima. Si presentò persino uno dei membri del Cerchio che nel frattempo era deceduto. In questi casi i presenti vivevano momenti di altissima e gioiosa commozione. Tutte le Entità indistintamente infatti insistevano sul fatto che non si sentivano morte ma più vive che mai e che la morte non è un’esperienza traumatica come si pensa osservandola dall’al di qua. Ci furono anche Voci che si attribuivano un nome importante e famoso: Paracelso, Caravaggio, Leopardi, Enrico Mattei. Di solito però si limitavano a dare un breve saluto e poco più. Ci fu invece un gruppo di Voci che divennero il riferimento costante e familiare per i presenti: le Entità Guida del Cerchio. Si trattava di un nucleo di 7/8 Entità che dai primi anni fino alla morte del medium si erano, con chiara evidenza assunte il compito di portare avanti il dialogo e l’insegnamento. Poiché fin dall’inizio fu chiaro che queste Entità intendevano offrire un insegnamento e non solo delle conversazioni occasionali con i presenti. Come fu anche chiaro che quell’insegnamento non era stato pensato solo per i presenti. Questi erano il pretesto per parlare in realtà all’Umanità di oggi e di domani. E lo conferma il fatto che ad un certo punto, verso l’anno 1974, essi stessi suggerirono di pubblicare le comunicazioni. Allora gli amici del gruppo misero in ordine i fogli con le trascrizioni delle sedute e prepararono le bozze, ma la decisione finale su quali argomenti pubblicare fu presa dalle Guide. Loro stessi rividero e modificarono qua e là le bozze. I libri uscirono presso le Edizioni Mediterranee e al posto dell’autore fu usata la dicitura: Cerchio Firenze 77. Veniamo allora, finalmente, al contenuto di questi libri, al contenuto del loro insegnamento. I contenuti di questo insegnamento. Si tratta di un insegnamento etico-filosofico che si è dipanato negli anni in modo coerente, caratterizzandosi come una filosofia globale della Realtà che intende prendere in esame i temi fondamentali del pensiero umano: il rapporto tra l’uomo e Dio, la struttura del Cosmo, la composizione fisico-psichica degli esseri umani, il senso della morte e dell’al di là, una rilettura originale dei concetti di male e di bene, di libertà, di destino. Le Guide ad ogni incontro svolgevano un argomento, ma rispondevano anche alle domande e alle obiezioni dei presenti. A volte, su richiesta, davano anche dei consigli concreti su problemi di salute o di vita, ma ricordando sempre che non erano venuti per favorire qualcuno invece di qualcun altro e che ciascuno dei presenti doveva vivere fino in fondo il proprio destino, cioè le conseguenze positive o negative di quanto aveva fatto nelle vite precedenti. Hanno parlato per 37 anni, dal 1946 al 1984, anno della morte di Roberto. La loro è una visione che vuole fondere insieme le grandi intuizioni della saggezza orientale con la logica e la razionalità del pensiero occidentale. Non ogni cosa è nuova e originale. Molte cose fanno già parte del patrimonio dell’umanità e del nucleo essenziale delle grandi Religioni, ma nuovo è il loro argomentare: lucido, chiaro, serenamente laico pur essendo profondamente spiritualista. Se di Religione si vuole parlare la loro è una Religione trasversale che assume il nucleo originario delle grandi Religioni senza però assumerne i contenuti dogmatici e culturali. Questa loro laicità soprattutto ha affascinato molti di noi. Nessuna richiesta di riti o di devozionismo, nessuna pratica spirituale veniva da loro imposta e nemmeno suggerita. Solo l’invito a non accontentarsi delle approssimazioni, ad andare a fondo nelle cose, solo l’invito all’autenticità, alla verità, ad uno sforzo costante per rompere le cristallizzazioni che bloccano l’evoluzione spirituale e psicologica di ciascuno e che interrompono l’unica cosa che ogni essere umano è chiamato a realizzare: la propria continua evoluzione verso una maggiore saggezza, un maggiore equilibrio, una maggiore armonizzazione con il Tutto. Il concetto fondamentale infatti è il concetto di evoluzione. C’è un legame evolutivo tra mondo minerale, mondo vegetale e mondo animale. Ma soprattutto c’è evoluzione all’interno del mondo umano. Non si vive una sola vita, ma tante. Esiste cioè la Reincarnazione e proprio reincarnandosi più volte ciascun essere umano è in grado di raggiungere la maturità e la saggezza a cui tutti sono destinati. Essi hanno così ribadito che la morte è un fenomeno solo apparente. Alla morte noi deponiamo semplicemente il "vestito di scena" che ci è servito per recitare una certa parte in quel teatro drammatico e comico che è la vita. Si depone il corpo fisico e dopo un periodo di riposo si riflette lungamente e seriamente sulla vita che si è appena conclusa. Se ne analizzano i comportamenti: debolezze, cattiverie, pigrizie, ma anche slanci coraggiosi e magari eroici. Non è Dio che interviene a premiare o a castigare, è il nostro Spirito che ne può ricavare una sensazione di rimorso, di angoscia o viceversa di serenità. E proprio queste esperienze interiori, vissute insieme da tanti esseri umani, nel linguaggio semplificato delle Religioni sono state codificate e reificate con i nomi di Inferno, Purgatorio e Paradiso. Dopo un periodo di sosta più o meno lungo, a seconda dei problemi individuali, ciascuno si reincarna. Naturalmente ciò che si reincarna è il nucleo centrale dell’essere, quella parte di noi che non muore mai e che riceve e trascrive il succo delle esperienze acquisite nelle varie incarnazioni. La vita si qualifica pertanto come la preziosa palestra dove costruire a poco a poco la nostra vera maturità di esseri umani adulti e completi. Mediante le reincarnazioni ciascuno di noi vive ed esplora tante diverse personalità in modo da fare tutte le esperienze tipiche e fondamentali della vita umana: povertà. ricchezza, potere, sottomissione, femminilità, mascolinità ecc. Naturalmente tutto questo non dura all’infinito. Un giorno, quando il processo di crescita sarà giunto alla sua maturazione, ciascuno di noi potrà finalmente uscire da quella che gli orientali, con felice espressione, chiamano la "ruota delle nascite e delle morti". A quel punto l’evoluzione continua, ma non più sul piano della materia fisica, bensì su altri piani spirituali e l’essere umano si trasformerà in qualcos’altro che, sempre gli orientali, chiamano con nomi affascinanti: l’Illuminato, il Maestro, il Risvegliato, il Budda. Come si può immaginare, in 37 anni di insegnamento queste Voci, questi Maestri, come mi sembra giusto chiamarli, non hanno detto solo questo. Essi hanno approfondito i molti aspetti teorici di tipo filosofico e teologico che scaturiscono da questa visione complessiva. Hanno approfondito il concetto di Dio o di Assoluto, come essi preferiscono chiamarlo, hanno discusso e contestato filosoficamente i concetti di creazione e di emanazione affermando che il cosmo non è stato né creato né emanato da Dio, ma che tutto esiste da sempre in Lui. Poiché ovviamente la nostra esperienza ci fornisce invece un’immagine diversa, in cui nulla permane, ma tutto nasce, si consuma e muore, hanno fornito un’interpretazione gnoseologica e metafisica di come è possibile conciliare l’apparente divenire di tutto con l’affermata immobilità dell’essere che è implicita nel concetto di Dio. Questa conciliazione filosofica tra il divenire e l’essere costituisce, a mio parere, una delle parti più originali e innovative del loro pensiero e meriterebbe da sola una giusta collocazione all’interno della Storia della Filosofia. Non è questa la sede adatta per esporre le argomentazioni, vaste e complesse, con cui si articola il loro pensiero. Vorrei tuttavia provarmi ad esporre alcuni aspetti di questa visione complessiva che trovo particolarmente affascinanti e carichi di implicazioni per l’umanità di oggi e di ieri. Naturalmente non si tratta di affermazioni tutte dimostrabili a tavolino. Essi non pretendono certo di dimostrare con la ragione l’esistenza di Dio, ma a chi accetta come ragionevole l’ipotesi dell’esistenza di Dio propongono una serie di deduzioni che formano una visione complessiva la quale risulta rigorosamente coerente, lucida e razionale. Il mondo quale ci appare non ha carattere oggettivo. Esso è il frutto della percezione ed è quindi creazione dei nostri strumenti percettivi che, essendo analoghi per ogni uomo, ci danno una sensazione di stabilità e di uniformità. Esso in realtà è costituito da ciò che essi chiamano "sostanza divina indifferenziata" la quale, solo per effetto della nostra creazione-percezione, assume un’apparente identità oggettiva. Non esiste quindi contrapposizione reale tra materia e spirito, tutto è in Dio e parte di Dio. Quando una creatura muore, in realtà cambia soltanto piano di esistenza. Essa cessa di osservare la realtà con gli strumenti percettivi del corpo fisico e comincia invece ad usare le percezioni di un corpo più sottile, il corpo astrale e poi il corpo mentale. Essa dunque continua ad esistere ma come entità disincarnata. Non avendo il corpo non ha più potere sul piano fisico, ma può osservarne le dinamiche, capire il senso della vita trascorsa sua e degli altri, imparare le lezioni della storia individuale e collettiva. Teoricamente, se il disegno generale lo permette, può usare un medium o un sensitivo per comunicare con i viventi. In questo caso però non si deve credere che esprima una saggezza superiore. Essa non parla affatto a nome di Dio, perché non basta morire per incontrarsi con Dio, essa esprime solo la saggezza a cui è pervenuta con la propria crescita evolutiva. Ci sono dunque entità disincarnate molto evolute che possono esprimere una grande saggezza ed entità che magari sono di bassa o bassissima evoluzione e dicono cose assurde o magari si prendono gioco, anche pesantemente, di chi le ha evocate. E già questa considerazione illumina di una luce ben diversa le tante presunte possessioni o infestazioni diaboliche di cui si parla a vanvera da molti secoli. Il significato della vita e il rapporto con Dio. Come già abbiamo detto la vita non si configura come una prova in cui chi sgarra dalla Legge riceve una condanna eterna, la vita invece è una scuola, una palestra dove a poco a poco, vita dopo vita, l’essere umano si arricchisce e raggiunge livelli di coscienza sempre più ampi. Uno degli aspetti più originali e più sconcertanti di questo insegnamento è che quando i livelli di coscienza risultano del tutto identici essi si fondono tra loro e si unificano. Questo significa che noi e gli altri esseri umani non siamo solo occasionali compagni di strada, ma siamo destinati a fonderci fino a diventare una cosa sola. E questa è l’argomentazione che giustifica razionalmente l’evangelico "ama il prossimo tuo come te stesso". Non si tratta di una pia esortazione, fatta propria del resto da tutte le Religioni, ma di una realtà metafisica. La nostra personalità psicologica umana è destinata a scomparire, la nostra saggezza invece andrà a fondersi con la saggezza di tanti altri e insieme costituirà uno stato di coscienza più ampio, più completo che a sua volta confluirà in stati di coscienza sempre più vasti fino a raggiungere lo stato di coscienza chiamato Dio. Dio infatti, per questo insegnamento, non è una persona, ma uno stato di coscienza, precisamente lo stato di coscienza che li comprende tutti e che pertanto si configura come Unità nella molteplicità, come Immutabilità nell’apparente divenire, come Eternità nell’apparente nascere e morire di tutto ciò che in lui è contenuto. Può sembrare freddo e riduttivo, osservano le Guide, dire che Dio non è una persona la quale amorevolmente ci guarda dall’alto, ma se si riflette attentamente ci si rende conto che è ben più coinvolgente affermare che Egli ci ha in sé, come uno degli stati di coscienza di cui è costituito, che la nostra esistenza come individui separati e distinti vale solo nell’apparenza illusoria creata dai sensi, ma che nella realtà metafisica esiste solo lui e che noi siamo in lui, divisi da lui per una distinzione che è solo virtuale e non reale. Sono concetti affascinanti e sconvolgenti. Anche perché applicati alla realtà di tutti i giorni comportano delle conseguenze rivoluzionarie. Eccone una: il tempo e lo spazio esistono solo per noi che essendo limitati non possiamo vedere la realtà tutta distesa e presente com’è, ma la vediamo scorrere davanti ai nostri occhi un po' alla volta. Per afferrare questo concetto si pensi ad una persona seduta sulla sponda di un fiume che vede l’acqua passare e trascinare con sé gli oggetti più vari. Si pensi ora che la stessa persona dall’alto di una cima possa vedere con un solo sguardo tutto il fiume dalla sorgente alla foce con tutti gli oggetti contemporaneamente presenti. Questo esempio, limitato come ogni esempio, ci può aiutare a capire in che senso chi è senza limiti, come Dio, vive in uno stato di eterno presente mentre chi ha una percezione limitata, come noi, crea la realtà apparente del tempo e dello spazio. I Maestri del Cerchio hanno usato un esempio ancora più significativo per spiegare un altro concetto essenziale. Per spiegare che nulla può realmente divenire, che il divenire è solo apparente hanno usato l’esempio dei fotogrammi. Si tenga presente che, se davvero esistesse il divenire Dio non sarebbe più l’Assoluto perché muterebbe, cambierebbe di stato, avrebbe domani qualcosa in più che non aveva ieri. Bisogna dunque che quanto a noi appare come divenire, come futuro, come probabilità che non è realizzata ma che si realizzerà, esista già. Immaginiamo dicono i Maestri la pellicola di un film. In essa tutto il film esiste già. Quando però il film scorre sullo schermo le persone che lo guardano vedono invece lo svolgersi di una storia, vedono ad esempio il protagonista che è bambino, cresce, si sposa, fa dei figli, muore ecc. Questo è ciò che sembra accadere nell’esperienza umana. Noi vediamo che tutto scorre e diviene, ma in realtà, dicono i Maestri, tutto è presente e il cosmo intero è come una pellicola che noi percorriamo di fotogramma in fotogramma ma che contiene sia l’inizio, sia lo svolgimento, sia la conclusione del cosmo stesso. Il cosmo è come un grande schedario, come un dossier che contiene tutte le schede relative alle civiltà, ai popoli, fino ai minimi particolari della vita dei singoli individui umani e non umani. Naturalmente la prima obiezione che chiunque farebbe a questo discorso è quella sulla libertà: esiste allora la libertà umana oppure esiste soltanto un ferreo determinismo? La loro risposta è che esiste una libertà per gli esseri umani ma che non è una libertà totale, è solo parziale. Vi è, essi affermano, una storia generale che sostanzialmente è già tutta scritta, esiste cioè il cosiddetto destino e questo spiega perché qualche sensitivo, che abbia genuine facoltà paranormali, riesce in qualche caso a predire avvenimenti futuri. All’interno però di una storia generale che è già predeterminata, perché conseguenza delle cause mosse in vite precedenti, esiste un ampio spazio di libertà per i singoli esseri umani. La libertà per gli esseri umani è garantita dalle varianti. Sono previste infatti delle varianti, cioè delle storie alternative e parallele, tutte le volte che un essere umano si trova di fronte ad una scelta importante e decisiva. Ma perché queste varianti non contraddicano l’affermazione che in Dio tutto esiste già presente e dispiegato bisogna concepire queste varianti come realmente esistenti entrambe cioè non solo quella che l’uomo sceglierà, ma anche quella che non viene vissuta. Quindi, per continuare l’esempio della pellicola, tutte le volte che un essere umano si trova di fronte ad una scelta importante e decisiva esistono due spezzoni di pellicola diversi ed egli decide se vivere l’uno oppure l’altro. Può così accadere che la storia generale segua un suo corso e che il singolo invece viva una variante in cui egli sperimenta una storia diversa e magari opposta. Ma veniamo ora ad illustrare altre conseguenze significative della loro visione sulla nostra realtà di tutti i giorni. Intanto colpisce il fatto che la vita, come loro la descrivono, risulta invece che incomprensibile ed irrazionale, come tutti più o meno siamo tentati di pensare, profondamente giusta e razionale. Viene in mente il noto esempio del tappeto. Se noi guardiamo il rovescio di un tappeto vediamo solo un intrico incomprensibile e sgradevole di fili colorati, ma non appena giriamo il tappeto dal verso giusto tutto acquista senso e nulla più risulta casuale. Questo è un po' quello che ci dicono della nostra vita anche se ben pochi di noi troveranno l’esempio credibile e calzante. Tuttavia è impressionante riflettere come il concetto di Reincarnazione da loro esposto implichi in effetti un grosso contenuto di giustizia. Nel senso intanto che ognuno ha la certezza di arrivare alla meta, nessuno si perde, e questo non per una romantica concezione di Dio, ma per il semplice fatto che Dio non può mancare di una parte, non può rimanere privo di qualcosa che si collocherebbe come esterna ed estranea a lui. Nel senso poi che il percorso reincarnativo per gli esseri umani diventa non tanto una prova, una punizione, una fatica, quanto invece una nascita spirituale con cui, faticosamente ma gloriosamente, il bruco diviene farfalla. Si pensi poi come diventa affascinante, da un punto di vista psicologico, l’idea che ciascuno di noi abbia la possibilità di sperimentare direttamente le più varie situazioni umane per comprenderle dal di dentro vivendole in tutta la loro ricchezza e drammaticità. Si pensi soltanto alla sconvolgente possibilità di vivere alternativamente la mascolinità e la femminilità. Questa sì, e solo questa si rivelerebbe la soluzione radicale dell’evidente sperequazione storica tra potere maschile e femminile. Perché esiste naturalmente una legge detta di causa ed effetto che costituisce una forma di compensazione per cui ad esempio un uomo che si comporta in modo arrogante e persecutorio nei confronti delle donne, se non arriva a correggere da solo il proprio atteggiamento potrebbe ritrovarsi, in una vita seguente, a sperimentare su di sé, come donna, l’effetto devastante di una prevaricazione maschile (e viceversa eventualmente). E questa osservazione ci introduce al problema del dolore. Il dolore, dicono questi maestri, è l’ultimo strumento che usa l’evoluzione per farci proseguire nella crescita quando ci rifiutiamo di capire, quando ci cristallizziamo e rifiutiamo di uscire dal nostro narcisismo e dal nostro egoismo. Il dolore ci costringe ad affrontare un problema esistenziale, un aspetto della nostra personalità, che magari per molte vite abbiamo cercato di evitare, di ignorare, spesso barando e manipolando altri esseri umani per riuscire nello scopo. Di per sé è possibile evolvere e maturare anche senza dolore, ma in pratica in tutti noi c’è una tendenza fortissima a cristallizzarci nelle abitudini, a rifiutare il nuovo, l’estraneo, a rifiutare in sostanza di crescere, di diventare realmente adulti. Il dolore che ci cade addosso dunque non ci colpisce mai per semplice casualità, la quale semplicemente non esiste e nemmeno perché un altro essere umano arbitrariamente possa scaricare su noi la sua aggressività e modificare così il nostro destino. Al contrario è il destino, il Karma, che si serve eventualmente di un essere umano immaturo o inevoluto per fare arrivare su noi le conseguenze di cause che noi stessi abbiamo mosso in questa vita o in vite precedenti. E qui mi si permetta un’osservazione ad uso degli psicologi. In questa visione l’inconscio esiste ed è smisuratamente più vasto di come l’ha concepito Freud perché nascosti in esso vi sono tutti gli eventi della lunga evoluzione dell’essere umano e le mille esperienze fatte in tante vite, prima nel regno minerale, vegetale, animale, poi in quello umano. Si pensi allora quale complessità verrebbe a raggiungere l’analisi psicanalitica di un essere umano i cui problemi non trovano più origine nei primi anni di vita o nel trauma della nascita, ma possono anche radicarsi in traumi antichi di secoli, accaduti in una delle vite precedenti. In questa visione, comunque, tutto ciò che è inconscio è destinato a sparire e a diventare pienamente consapevole. Possiamo dire quindi che si tratta di un’analisi terminabile e non interminabile. Anzi, aggiungiamo un ulteriore elemento di grande fascino. Il fatto che la storia del passato non è più qualcosa di estraneo, che studiamo dall’esterno per farci una cultura, ma diventa la nostra storia personale, diventa il nostro passato, diventa carne e sangue di ciascuno di noi. In questa visione gli Egizi, i Sumeri, i Greci, i Romani ci riguardano pienamente perché tutti noi abbiamo certamente vissuto qualche vita in quelle civiltà e forse oggi tante problematiche sociali e individuali si ricollegano ad eventi e circostanze di allora. Tra l’altro questo spiegherebbe le simpatie istintive che molti provano per certi periodi storici o certi luoghi e naturalmente anche le antipatie istintive e viscerali. Se poi accettiamo l’idea espressa con l’immagine dei fotogrammi allora possiamo affermare che tutte queste civiltà del passato non sono scomparse, dato che nulla trascorre o sparisce ma ogni cosa rimane per l’eternità nei fotogrammi che la riguardano e può essere quindi ripercorsa nei minimi particolari. Questo naturalmente vale anche per ogni singola azione individuale, per ogni singolo gesto che risulta fissato per sempre. Mi rendo conto che quanto ho detto risulterà per molti assurdo e pazzesco, ma mi auguro che i cenni riassuntivi da me esposti spingano qualcuno a verificare di persona i contenuti di questo insegnamento dipanatosi per ben 37 anni. Per fortuna il pensiero dei Maestri del Cerchio Firenze 77 non è geloso patrimonio di alcuno ed è pienamente disponibile a chiunque voglia conoscerlo poiché è stato pubblicato in una decina di libri che hanno già raggiunto una ragguardevole tiratura in Italia e che saranno presto tradotti in altre lingue. A questi libri rimando per quanto qui è stato troppo sinteticamente esposto o troppo maldestramente riassunto. I membri del Cerchio Firenze 77 Forse è giusto che io parli un momento di coloro che portano avanti, con la loro convinzione e la loro testimonianza, le idee del Cerchio Firenze 77. In realtà il termine ha solo un significato ideale. Sta ad indicare quelli che condividono la visione della Realtà illustrata da queste Entità nel corso degli anni attraverso la medianità di Roberto Setti. Non vi è dunque una struttura organizzata, né tanto meno una istituzione con aderenti, tessere e legali rappresentanti. Nulla di tutto questo. Come più volte ammonirono le Entità, nessuno si attribuisce l’eredità del loro pensiero o l’interpretazione legittima di esso. Chiunque può leggere e farsi le proprie idee in proposito. Va detto comunque che il gruppo di amici che hanno ricevuto queste comunicazioni e gli altri che si uniscono a loro dopo aver letto i libri, costituiscono ormai un numero considerevole di persone sparse in tutta Italia. Nei loro incontri informali essi ci tengono a dire che l’unico scopo delle riunioni è quello di continuare a riflettere e ad approfondire questa visione della Realtà che è talmente vasta e complessa da richiedere riflessioni e approfondimenti anche in relazione alle scoperte e agli stimoli offerti dalla scienza attuale, in particolare dalla nuova Fisica che sembra, singolarmente, avvicinarsi sempre di più ad alcune interpretazioni suggerite dai Maestri. Avendoli conosciuti a lungo e frequentandoli posso dire che nulla queste persone hanno in comune con Sette, Massonerie, e nemmeno con gruppi di studio parapsicologici o con gruppi di sperimentazione medianica. Infatti, benché sollecitati, non ritengono utile nemmeno ricercare o sperimentare nuovi possibili medium in quanto ritengono che quanto è avvenuto con Roberto Setti sia stato in qualche modo voluto e provocato dall’altra dimensione e non ottenuto dal basso sfruttando le doti speciali di un medium particolarmente dotato. Convinti di questo preferiscono lasciare all’altra dimensione l’eventuale decisione di riprendere in qualche altro luogo e con qualche altra persona le comunicazioni, ritenendo che sarebbe quasi ridicolo pretendere di indurre dal basso queste stesse comunicazioni. In questo mi sembra ci sia una precisa diversità anche con lo spiritismo tradizionale che cercava in qualche modo di lanciare un ponte con l’al di là, selezionando e sperimentando i Medium più adatti e "chiamando" in qualche modo gli "Spiriti" per stabilire con essi una comunicazione. E’ bene aggiungere che queste stesse persone, pur essendo pronte a testimoniare con serena obiettività la verità di quanto accaduto nelle sedute medianiche di Roberto Setti e quindi, oltre alle comunicazioni, i vari fenomeni paranormali quali apporti, levitazioni, precognizioni ecc. non intendono minimamente con questo avvallare tutto quanto avviene, o si dice avvenire, nel caotico mondo che viene definito mondo del paranormale o mondo dell’occulto. Si tratta infatti di un insieme confuso di realtà diverse dove per un fenomeno genuino ve ne sono decine che lasciano perplessi quando non francamente sdegnati e irritati. Specialmente allorché interviene il denaro e i fenomeni sono prodotti a pagamento. Su questo Roberto Setti è stato esemplare: pur avendo sacrificato la sua vita e larga parte del suo tempo per dedicarsi a questa vera e propria missione di far da ponte, da microfono, per le voci delle Entità, mai ha accettato che girasse denaro su quanto faceva e su quanto avveniva. Su questa via gli amici che si riconoscono idealmente nel Cerchio Firenze 77 sembrano decisi a proseguire con identica determinazione. Renato Del Favero
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