L'io e l'Essere 

Tratto dal libro "Oltre l'illusione"

Diverso modo di esistere di un'un'unica cosa

 

V' è un episodio biblico che viene richiamato alla memoria ascoltando il nostro dire ed i vostri commenti. Certo che l'esempio non si adatta perfettamente: vi sono dei presupposti alquanto differenti. Ma non posso fare a meno di ricordarvelo, tanto, in certi momenti, il richiamo alla memoria sia così ben suggerito.

E' l'episodio del popolo che vuole giungere là dove è il trono di Dio, nel più alto dei cieli. E comincia a costruire una torre altissima per giungere alla meta prefissa. Ma sopraggiunge la confusione delle lingue per cui ognuno ne parla una per proprio conto e la costruzione che si fondava sulla reciproca collaborazione diviene impossibile.

Ora qua non siete voi che volete carpire i segreti dell'Olimpo, dell'iniziazione più segreta; ma noi, che a forza, vogliamo trascinarvi al di là di quella soglia oltre la quale pochi hanno potuto guardare. E trascinandovi dobbiamo essere preparati ai vostri malumori, alla confusione dei linguaggi, ai rimpianti, a tanti e tanti interrogativi. Eppure vogliamo ad ogni costo spingervi oltre quello che già sapevate.

Ditemi, quale scopo poteva avere il seguitare a parlarvi degli insegnamenti che già avevamo ripetuto a sufficienza?

Tanti sono gli interrogativi che ancora vi attendono. Ma se gli argomenti che abbiamo momentaneamente lasciati - per poi riprendere con un nuovo sapere - vi interessano ancora, altre fonti vi sono che di essi possono parlarvi, continuare a ripetere quello che già sapete.

 

Noi, cercando di sfatare i pericoli di una novella torre di Babele, continuiamo a trascinarvi; a trascinare la vostra comprensione oltre gli schemi di un mondo che già conoscete a sufficienza. Oltre, laddove non è il tempo.

 

Una volta, constatando la differenza di evoluzione che esiste fra gli uomini, trovaste che ciò non era giusto e vi domandaste perché. Cercando di capire le ragioni, giungeste - forse anche dietro nostro suggerimento - alla conclusione che ciò dipendeva da un'ubicazione dei "centri di sensibilità e di espressione" nello spazio. Questa diversa ubicazione conduceva ad un diverso risuonare, ad un cammino più spedito di alcuni rispetto ad altri e così da un'iniziale diversità minima, si giungeva ad un'enorme diversità successiva e quindi a differenti evoluzioni. Oggi noi possiamo dire che oltre ad una diversa ubicazione nello spazio dei "centri di sensibilità e di espressione" prima e di "coscienza e di espressione" dopo, c'è anche una diversa ubicazione nel tempo. Ma quello che prima sembrava un'ingiustizia oggi appare invece eguaglianza. Già perché - aggiungo uno scandalo agli scandali - qua c'è l'eguaglianza perfetta.

Una sorta di comunismo ideale, secondo il quale non vi  sono creature diligenti e sgobbone che mangiano i tempi, ed altre che invece "ripetono", secondo un antico concetto. Quante cose vanno aggiustate alla luce delle nuove Verità! Ma tutte le creature camminano, pressappoco, di pari passo. E non v'è la necessità di attendere l'ambiente favorevole sulla Terra per passare alla successiva incarnazione, ma ciascun individuo, di volta in volta, va, si cala nell'ambiente favorevole alla sua evoluzione.  Ebbene, chi ha "sentito" un ambiente adatto alla sua evoluzione e capace di condurlo un gradino più innanzi, ed ha completato quell'esperienza - cioè ha chiuso una vita sul piano fisico, tirate le somme nel piano astrale e nel piano mentale - non ha più bisogno di attendere che le lancette degli anni trascorrano ed anche dei secoli, a volte, prima di potersi reincarnare, ma trova il suo ambiente favorevole più innanzi, più avanti secondo il senso del tempo fisico; e trova quell'ambiente pronto fino da allora ad accoglierlo per dargli le necessarie esperienze, per aggiungere ulteriore evoluzione. Per fare sfociare il "sentire" da lui raggiunto di grado A, ad un "sentire" successivo di grado A+I.

 

Ecco dunque che quello che fino ad oggi sapevate ha subito un ritocco. Gli ambienti sono sempre pronti a ricevere l'individuo, allo scopo di fare sfociare il suo "sentire" in un "sentire" più esteso. Da un "sentire" precedente ad un "sentire" seguente. E queste parole mi ricordano altre parole dette in altra circostanza, quasi identiche parole. Chissà che i due concetti vicendevolmente non si compendino!

 

Una minima variazione - dicemmo - che avrebbe portato un'enorme differenza. Ed invece noi vediamo che tutti i "sentire" hanno un medesimo grado iniziale: le lettere A che compaiono tutte sulla pagina del racconto in qualunque rigo esse siano dislocate. E poi le lettere B e poi su su, fino a completare il racconto. Ma chi ha il suo "sentire" minimo in questa vostra epoca e completa la sua vita, la sua esperienza, ed è pronto per un altro "sentire" più esteso, non ha bisogno di aspettare che la Terra faccia 3 o 4 o 5 mila giri per poi trovare, sulla Terra stessa, un ambiente a lui favorevole. Non sale in qualche piano in attesa che la Terra giri. L'ambiente a lui favorevole, ancorché ubicato - e questo sempre - in un tempo futuro, rispetto a quello che egli ha lasciato, è lì che lo attende ed è pronto ad accoglierlo non appena potrà immedesimarvisi, indipendentemente da un girar di pianeti che, oggettivamente, non esiste.

 

Questo mi premeva sottolineare. Cose, del resto, che da soli avreste colto, conclusioni che da soli avreste tratto.

Altre Verità s'intravedono, altre considerazioni; l'errata conclusione che ci fa sentire soli pur avendo attorno a sé tante creature. Pensando che il "sentire" delle creature che vedete non sia presente contemporaneamente al vostro "sentire", voi credete, o ritenete, che questo dia un sapore diverso alle vostre

azioni e alla realtà del piano fisico. Ma nessuna differenza, in, effetti, esiste. Parlo più chiaramente: che il figlio S. in questo momento nel quale io "sento" questi fotogrammi, senta anch'esso con me o no, non toglie né accresce niente alla validità di questa mia e sua esperienza. Il fatto che l'esperienza sia vissuta non simultaneamente da coloro che ne sono i soggetti e gli oggetti, non diminuisce valore all'esperienza. L'esperienza rimane integra nel suo significato. Quindi è errato pensare che questo nuovo modo di vedere possa togliere valore alla vita. Se mai lo modifica, perché v'insegna ad agire bene per l'agire bene; perché v'insegna a dare importanza all'intimo dell'uomo e al vostro intimo. 

 

Pensate, se di tutto quello che vi circonda niente fosse vero, ma l'unica Verità fosse l'intimo vostro, voi egualmente evolvereste. Se veramente la sensazione dell'iniziando di sentirsi solo nel Cosmo fosse giusta e reale, egualmente esisterebbe l'evoluzione. Se gli esseri che vi circondano non fossero creature reali, nella loro relatività, ma fossero "simulatori", la vostra esperienza interiore non diminuirebbe di un cubito, sarebbe egualmente valida. Per un astronauta che, senza saperlo, fosse chiuso in una cabina spaziale e vivesse un volo interplanetario simulato - ma simulato così bene da fargli ritenere di essere veramente negli spazi siderali - per quell'astronauta l'esperienza sarebbe egualmente reale e valida. E' dunque importante l'intimo dell'uomo, il suo "sentire", e di ciascuno il proprio.

Se di tutta questa bella assemblea di creature niente fosse vero e reale tranne l'intimo di chi parla, ebbene l'esperienza sarebbe egualmente valida per me. Questa enunciazione non è una curiosità, ma ha un principio di Verità. 

Così se questo fotogramma fosse vissuto solo da chi lo "sente", sarebbe egualmente valido e apportatore di evoluzione per chi lo ha "sentito". Se questo fotogramma, pur essendo vissuto da tutti coloro che in esso sono raffigurati, fosse vissuto singolarmente da ognuno in tempi diversi, a ciascuno porterebbe il suo contributo di progresso, di esperienza; in ultima analisi, di evoluzione.

 

Ciò che arreca al mio intimo evoluzione e sviluppo, non è il fatto che dietro quello che gli occhi di un corpo fisico vedono vi sia o non vi sia, contemporaneamente al mio, un "sentire", ma è il fatto che io viva questo fotogramma. E' il fatto che questo fotogramma contiene per me un'esperienza; come la contiene per tutti coloro che a questo fotogramma si uniscono. Se noi vedessimo gli altri individui che fummo, in epoche passate della nostra evoluzione - parlo con il vecchio linguaggio - senza sapere di trattarsi d'individui appartenenti alla nostra individualità, saremmo convinti trattarsi di tutt'altre creature. Di creature definite "prossimo nostro".

 

C'è differenza fra noi quali siamo, nel modo di esistere attuale, e noi quali fummo nel modo di esistere di allora? La differenza è un diverso modo di esistere. E ciò che mi differenzia, in fondo, dalla figlia Nella o dalla figlia Bettina è un diverso modo di esistere.

Ma se io guardo la serie dei numeri, vedo che ciascun numero, diverso dall'altro, in fondo è un diverso modo di esistere dell'Unità. L'Unità, che ripetuta, moltiplicata, divisa e via dicendo, combinata in modo diverso, mi dà un'entità numerica X la quale è differente da un'entità numerica Y solo perché questa unità - come base ad entrambe - è combinata in modo diverso.

Ma tanto X quanto Y sono un diverso modo di esistere dell'Unità.

Ed allora se l'Assoluto è il Tutto e l'unità, prima serie dei numeri, è l'inizio del tutto-relativo - del relativo - se v'è questa differenza fra lo stato di evoluzione mio attuale ed uno precedente - che è un diverso modo di esistere di allora rispetto ad ora - questo diverso modo di esistere c'è anche fra me e chi mi sta vicino, ma è un diverso modo di esistere di una cosa unica.                

Dunque v'è l'Assoluto, v'è il relativo; tutto ciò che sta oltre il relativo, è un diverso modo di esistere di una stessa cosa.

 

E tutto dunque, in fondo, è una stessa cosa. E' la base comune che è in ciascuna cosa; e come fra me ed il mio diverso modo di esistere - pur appartenente alla mia individualità - nulla v'è di differente se non questo diverso modo di esistere, come nulla di diverso v'è fra me e chi mi attornia se non un diverso modo di esistere, così che ciascuno di noi, ciascun individuo, appartenga o no ad una stessa individualità, non è che un diverso modo di esistere dell'Unità comune, non è che una sua variante, una possibile combinazione dell'Unità. Ed allora come e come giusto suona il Comandamento: "Ama il prossimo tuo come te stesso!".

 

 

Tutto è!

 

Come si fa per conoscere qualcosa che si scopre? Uno scienziato, un chimico, ad esempio, che abbia scoperto un nuovo elemento, cercherà di capirne la valenza, il peso atomico, insomma lo sottopone ad una misurazione. Misurare, definire un qualche cosa significa paragonarlo, inquadrarlo, con quello che già si conosce; insomma rendere assimilabile il nuovo, paragonandolo al vecchi.

Quando, dunque, si conosce un nuovo concetto, si cerca di coglierne il significato paragonandolo a ciò che sapevamo. Quando udite qualche nuova Verità, ecco che subito, per capire la differenza che v'è fra questo nuovo ed il vecchio, ponete le due Verità l'una accanto all'altra per confrontarle; e la nuova sarà tanto più comprensibile quanto più la si potrà ravvicinare a quella che già si è conosciuta, non dico "assimilata" per posta in pratica, ma assimilata per capita, perché di essa si è divenuti padroni.

 

Ora, a chi vuole restare in pace con la propria coscienza, a chi non vuole aver turbati i propri sonni nel pensiero di aver perduto del tempo ieri, per imparare delle Verità così prestamente e facilmente superabili, noi diciamo: "Non vi impaurite, state tranquilli, il nuovo è abbastanza vicino al vecchio. Noi progrediamo vicino al vecchio. Noi progrediamo per piccoli passi; piccoli passi, sfumature in avanti appena appena percettibili".

Un esempio di questa mia affermazione possiamo averlo confrontando quanto ora sapete del Cosmo con quanto sapevate.

Non c'è stata una ritrattazione, ma un approfondimento. Un tempo vedevate un Cosmo, oserei dire, indipendente dall'Assoluto; sì, era una Sua emanazione, ma in sostanza l'Assoluto - se fosse stato un vecchio barbogio seduto in trono - avrebbe potuto dire: "Il Cosmo è circa alla meta della sua esistenza".

Questa, naturalmente esagerando, era la conclusione che si poteva avere secondo quello che conoscevate. Ma che cosa è successo? E' successo che questo Cosmo, nel suo insieme, particolarmente per il piano fisico, il piano astrale e il piano mentale, non ha più una sua vita indipendente, ma vive ogni qualvolta gli individui si legano a certe situazioni (fotogrammi) unitarie fisse. Quindi non più una vita, ma innumerevoli vite, una per ogni volta che questi fotogrammi sono percorsi da un individuo.

 

Abbiamo visto che questo percorrere fotogrammi corrisponde ad un "sentire" nel piano akasico. Questa visione d'insieme muta un po' il concetto che ci eravamo fatti. Ma certo che secondo l'esempio fatto possiamo ancora vedere questo Padre Eterno che dice: "Il Cosmo fisico, astrale e mentale è lì fermo, non ha più un suo movimento autonomo e, direi, oggettivo nella sua  relatività, però c'è uno scorrere ancora, ed è lo scorrere del "sentire degli individui". Lo scorrere non è più nel piano fisico, astrale e mentale, ma è nel piano akasico, per cui io Padre Eterno, anche non servendomi dei miei poteri di onniscienza, dando una guardatina a questo Cosmo, vedo che gli individui stanno "sentendo" tutti contemporaneamente, a qualunque razza essi appartengano, da incarnati, in qualunque tempo essi nel Cosmo siano ubicati nel fare delle esperienze, vedo che tutti hanno un "sentire" X. Per cui posso dire che lo scorrere, la teoria del "sentire", è pressappoco a metà del suo cammino".

Eh no, figli e fratelli, no, non può essere neanche così!

Allora vi abbiamo enunciata la Verità del "sentire" chiuso e limitato ma unitario che crea l'idea di una successione nella sua esistenza, l'illusione di qualcosa che trascorre.

 

In effetti il Cosmo, sia esso fisico, astrale, mentale o akasico, è tutto lì. Non è più neppure quindi che trascorra, sviluppi l'individuo nel piano akasico, ma nel piano akasico - pur non essendovi fotogrammi secondo il concetto classico che noi vi abbiamo illustrato, come nel piano fisico astrale e mentale - vi sono le teorie dei "sentire individuali", ciascuna facente capo ad una individualità.

Niente in sostanza trascorre. E di fatti come sarebbe possibile ubicare nell'Eternità, nel non tempo, l'inizio di uno scorrere di "sentire individuale"? Sarebbe impossibile. Dunque quello che noi sentiamo trascorrere, come essere ad un punto, rispetto all'Assoluto, non è più così. Esiste tutto. "Ma allora - direte voi - perché noi percepiamo come un trascorrere? Come passare da un antecedente e tendere ad un seguente? Come "ora" e non "prima" e non "dopo"? Perché di per sé il "sentire relativo", chiuso, limitato, non può che rivelarsi così: un "sentire" definito non può che esistere e sussistere in questi termini. Collocare questa sensazione illusoria di "ora" nella Realtà che è priva di tempo e di spazio è assurdo: significa non comprendere il concetto di Realtà".

 

Qual è l'ulteriore piccolo passo avanti? E' che comprendiamo che oggettivamente possiamo solo dire: tutto è. E allora quale significato può avere un Cosmo, emanazione dell'Assoluto, quasi avulso dell'Assoluto? Dobbiamo dire che il Cosmo è nell'Assoluto, è parte dell'Assoluto. Quanto vecchie e nuove suonano queste parole se si comprendono veramente! Tutto è nell'Assoluto, anche quello che chiamavamo "relativo" non è che un aspetto dell'Assoluto ed è nell'Assoluto. Niente trascorre. Dov'è valida questa Verità, solo nell'Eterno Presente? No. Niente trascorre in senso assoluto. L'Eterno Presente esiste come un ente a sé, depositario del Tutto, nel quale Eterno Presente niente muta, trascorre, passa, si aggiunge, si accresce; ed esiste, poi, un Cosmo nel quale tutto muta, passa, trascorre, cresce? No.

L'Eterno Presente non è che lo stato d'essere, di esistere del Tutto. Il Cosmo stesso - visto dall'Assoluto, cioè al di fuori dell'illusione che lo fa apparire come definito, come trascorrente e come accrescentesi -  il Cosmo stesso è Eterno Presente.  Il relativo stesso è sempre, senza tempo, è senza fine.

Questi limiti, questi confini del Cosmo, che eravamo abituati a collocare in modo preciso per aiutarci nella comprensione, questi confini che servivano a dividere il bene dal male, il bello dal brutto, il relativo pieno di brutture, di storture, di cattiverie, dall'Assoluto tutto meraviglia e bellezza, questi confini cominciano a sfumarsi, a cadere.

 

Cade forse tutto? No! Il Tutto acquista un significato più aderente alla Realtà, il Tutto acquista un senso più  proprio.

Ecco che si deve parlare di un Tutto unico, di tutti i Cosmi nell'Assoluto, intessuti, sangue del sangue dell'Assoluto. Carne della carne dell'Assoluto, dove l'illusione esiste solo nel momento in cui dall'Assoluto ci si circoscrive, ci si isola, ed allora solo si diventa relativi, ed allora solo nasce il tempo, acquista un senso lo spazio, un senso di trascorrere. Solo allora è emanato il relativo, solo allora il limite vige; ma quando è possibile creare un momento, che significa un tempo, laddove il tempo non esiste? Quando è possibile circoscrivere qualcosa, laddove la circoscrizione non ha senso?

Questo che io vi dico ha solo significato accademico, solo significato per comprendere, non altro. Non c'è un "ora", un "qui", nell'Assoluto. Non può esistere questo, non può esistere un punto nell'evoluzione degli individui, nell'Assoluto. Questo trascorrere, questo passare, questo attendere un futuro, rimpiangere il passato, sentirsi qui e non là, non è, figli e fratelli, che un'illusione. Un'illusione del  "sentire individuale" il quale, per così chiamarsi, così e solo in questo modo può sussistere. Ecco dov'è l'Unità del Tutto.

 

Io vi auguro, con tutto il mio amore, che possiate intravedere che cosa si nasconde oltre il suono povero e misero di queste parole.

Vi amo e vi benedico.

 

I due generi del sentire individuale

 

Dobbiamo intenderci su cosa significa "sentire". Una volta voi avevate le idee chiare in proposito: il "sentire" era "sentimento", il resto era sensazione, emozione, pensieri. Da quando abbiamo preso a parlare dei fotogrammi, non potevamo conservare questa distinzione senza avere una grande difficoltà nell'esprimerci. Ed allora abbiamo usato il termine "sentire" in senso lato, che comprende cioè sensazioni, emozioni, ricordi ed anche sentimento.

Quando noi diciamo "sentire dell'individuo" intendiamo quella percezione individuale che comprende sensazioni, emozioni, suscitate anche dai sensi del corpo fisico, desideri, pensieri, ricordi e sentimento, cioè coscienza, cioè grado di evoluzione raggiunto.

 

In questa elencazione va tenuta presente una distinzione fra i tipi di movimenti interiori dell'individuo, ovvero il "sentire individuale" è di due generi: il primo comprende tutti quei movimenti legati alle situazioni contingenti in cui si trova l'individuo ed alla sua consapevolezza come sensazioni, desideri, pensieri; il secondo è comprensivo del suo essere reale. In altre parole il secondo genere di "sentire individuale", è quello che chiamavamo sentimento, cioè coscienza individuale o evoluzione raggiunta. 

Questo "sentire" non è legato alla situazione del momento nel senso che esiste al di fuori di essa. E' il vostro vero essere che non è così perché legato al ricordo di esperienze avute, ma è così perché proveniente dalle situazioni vissute ed assimilate. Il ricordo può scomparire, ma quando l'esperienza è assimilata la coscienza individuale è accresciuta anche se la cronaca dell'avvenimento non si ricorda più.

Questo secondo genere di "sentire" non è legato alla consapevolezza dell'individuo, voi ben lo sapete: pochi conoscono se stessi, pochi hanno consapevolezza del loro vero essere che si rivela diverso da quello presunto (sovente assai peggiore).

 

Allora, quando noi parliamo di "sentire individuale" intendiamo questi due generi di "sentire": l'uno legato alle situazioni contingenti (fotogrammi) e proveniente dai veicoli grossolani dell'individuo, l'altro rappresentato dal grado di coscienza individuale (evoluzione) raggiunta. L'esistenza del "sentire individuale" è contenuta in una scala che comprende ad un  estremo un "sentire" minimo, all'altro estremo un "sentire" massimo. Naturalmente dei due generi del sentire individuale quello che si amplia notevolmente secondo questa gradualità è il sentire di coscienza.

 

Adesso parliamo del "sentire dell'individualità". Voi già sapete che il sentire dell'individualità è il percepire tutto ed in un solo attimo eterno la gradualità del sentire individuale, cosicché possiamo dire che il sentire dell'individualità non comprende tanto le situazioni contingenti, quanto le varie fasi di

costituzione della coscienza individuale percepite tutte assieme.

 

Per questo motivo parlandovi anni fa dell'individualità vi dicemmo che il suo ciclo di esistenza è unico, cioè non presenta varianti, qualunque sia la strada scelta dall'individuo. Del resto ciò è facilmente comprensibile: quando l'individuo ha la possibilità di scegliere, le due strade che rappresentano questa possibilità si equivalgono ai fini del raggiungimento di un grado maggiore di coscienza. Siccome il sentire dell'individualità corrisponde al sentire tutti assieme i gradi della coscienza che via via l'individuo raggiunge, voi comprenderete come il sentire dell'individualità non contenga essenzialmente il sentire contingente dell'individuo.

Le considerazioni che ho fatto servono per introdurci al problema del libero arbitrio e delle varianti. Credo che abbiamo enunciato a sufficienza i tipi di libertà goduta dall'individuo.

 

L'argomento deve essere ripreso per esaminarlo alla luce della Verità dei fotogrammi, per così chiamarla.

Infatti voi avete compreso il principio delle situazioni cosmiche e della non contemporaneità del sentire individuale, ma lo avete fatto ponendo da parte la possibilità di scegliere degli uomini che nel momento avrebbe complicato la possibilità di comprensione degli altri principi.

Infatti, se noi ammettiamo che la nostra vita non si realizzi man mano che noi viviamo, ma sia già tutta realizzata e che noi la viviamo quando in qualche modo veniamo a contatto con ciò che già esiste, possiamo facilmente comprendere anche che altri nostri simili, che intrecciano la loro esistenza con la nostra, possano vivere la loro (nel modo suddetto) non contemporaneamente alla nostra. Ma quando in tutto ciò s'inserisce la possibilità di tutti di scegliere, poco o tanto che sia, come è possibile che tutto sia già realizzato?

 

Vi abbiamo allora accennato alle cosiddette varianti: cioè quei rami doppi delle esistenze individuali che esistono laddove l'uomo ha la reale, cioè non presunta, possibilità di scegliere.

Dobbiamo però fare un esempio pratico per comprendere come queste varianti si inseriscono nell'esistenza degli altri.

Nella comprensione di questa Verità, come non mai, vorremmo che riusciste da soli. Ripeto: niente viene di volta in volta creato; nessuna situazione è creata lì per lì, a seguito di un'altra situazione precedente. Ma già tutto esiste ed una situazione viene scelta in funzione della scelta che si è fatta precedentemente.

Fino a ieri voi credevate che di volta in volta il Cosmo crescesse, maturasse, sviluppasse. Oggi voi sapete che il Cosmo esiste da sempre e per sempre in tutte le sue fasi di sviluppo.

Altrettanto è per la vita degli individui, ogni situazione è già esistente nel senso che non si attende che l'individuo abbia scelto una situazione precedente per concretizzare la seguente; ma già tutto esiste ed è l`individuo che, in forza di una scelta precedente, opera una scelta successiva già realizzata. Esistono passaggi forzati, serie di fotogrammi le quali, una volta imboccate all'inizio, non possono che condurre alla fine, ma esistono anche le varianti. Se la variante interessa due individui, può essere vissuta solo da una di queste due creature.

 

Nello spiegarmi più chiaramente debbo affermare cose che in realtà non si riscontrano così recisamente, ma debbo farlo per farvi intendere.

Supponiamo che in una serie di fotogrammi siano rappresentate due creature: un mendicante ed uno che passa a lui di fronte. A questo punto nasce una variante: che cosa succede?

La creatura che passa di fronte al mendicante può scegliere fra fare l'elemosina o non farla. Fare l'elemosina è un fatto materiale, cioè togliere, da una certa quantità di monete in una borsa, una moneta e passarla nelle mani del mendicante. Ecco della variante la prima serie di fotogrammi (guardate che quando parliamo di serie di fotogrammi non intendiamo queste semplici azioni, ma tutto un insieme, un complesso che può occupare gran parte di una vita di un individuo, ma qua siamo per semplificare): la creatura passa davanti al mendicante e fa l'offerta, cioè toglie delle monete dal suo portamonete e le passa al mendicante. Seconda serie di fotogrammi: passa di fronte al mendicante e tira di lungo, quindi le monete rimangono nel borsellino.

Che cosa succede?

 

Voi sapete che non esiste la contemporaneità del "sentire" per cui il mendicante vivrà, "sentirà", percepirà, si immedesimerà in una di queste due serie di fotogrammi in un tempo per così dire non contemporaneo all'altra creatura che passa di fronte a lui. Supponiamo che la serie dei fotogrammi sia vissuta prima dal mendicante e che egli debba ricevere quelle monete per un suo buon karma. Allora, il 27 novembre, giorno credo di riscossione per molti umani in questa vostra città, in questo giorno preciso del calendario - che però può essere vissuto in tempi diversi da ciascuno di noi pur essendo sempre il 27 novembre - il mendicante deve avere questo karma buono: ricevere certe monete. 

Quando questa scena del Cosmo sarà "sentita" dal mendicante, egli vedrà passare davanti a sé quella persona di cui dicevamo prima che essa tiri fuori dal suo borsellino delle monete e gliele passi. E' chiaro fin qui?

Ma che cosa succederà quando questa serie di fotogrammi sarà "sentita" dall'altro personaggio in essa raffigurato - che può anche del resto essere "sentita" contemporaneamente al mendicante, noi abbiamo cercato di complicare l'esempio - se il secondo personaggio, che dovrebbe donare, invece per un moto egoistico, imbocca l'altra serie di fotogrammi e non dà le monete? Come tornano i conti? Il mendicante avrà avuto il suo denaro, denaro che spenderà o che forse seppellirà, ne farà quello che vorrà. L'altro invece se lo terrà stretto nel borsellino. Ciascuno dei due personaggi, pure essendo rappresentato in un episodio comune, ha seguito una soluzione diversa.

Domanda - Ma il 27 novembre che cosa è successo?

Risposta - Per uno è successa una cosa, per l'altro un'altra.

Meditare su questo esempio. La soluzione, cioè la realtà di come ciò accade, dovete guadagnarvela.

 

Gli individui sono già tutti creati

Quello che noi vi diciamo non trova immediato riscontro in voi: è logico deve essere prima capito. Così la Verità della non contemporaneità nella percezione delle situazioni cosmiche da parte di più individui di differente evoluzione, ora che comincia ad essere intesa, vi lascia perplessi. Eppure è già un po' che l'abbiamo enunciata.

Una volta quando non era posto il problema del divenire del mondo che osserviamo in relazione all'Essere di Dio che non può intendersi perfettibile in quanto già perfetto, non esistevano difficoltà di comprensione. Il tempo astronomico che voi conoscete poteva avere quasi un valore oggettivo. Infatti l’Assoluto secondo quello che credevate di aver capito allora, avrebbe potuto dire a che stadio di sviluppo si trovava il Cosmo con tutto il suo contenuto.

Questa escrescenza che voi ritenevate il Cosmo che ad un dato momento dell'eternità veniva emanata da Dio, poteva misurarsi oggettivamente se non altro rispetto al suo riassorbimento. Poteva dirsi a quale punto del suo ciclo di manifestazione si trovava prima di scomparire dalla scena oggettiva.

La creazione degli individui era un fatto continuo da parte della Divinità. Questo è quello che avevate capito interpretando l'Assoluto con la chiave del relativo. Senza pensare che, secondo questo errato concetto, l'Assoluto aveva un prima ed un dopo, era una quantità in continua crescita.

Noi vogliamo distruggere questo errore che è non solo in voi, ma in tutti coloro che credono in Dio ed in qualche modo  se lo raffigurano.

Per portarvi all'esatta comprensione della Natura Divina - meta ancora lontana - abbiamo cominciato a dirvi che il Cosmo non nasce vive e muore come pensavate, ma che questi sono eventi che compaiono nella rappresentazione di esso. Il Cosmo esiste sempre e da sempre. Esistono, quindi, i tempi per voi trascorsi e quelli a venire. Gli individui sono quindi tutti già creati e lo sono da sempre e per sempre. Le razze che sono ubicate nel vostro futuro non debbono aspettare che sia trascorso il tempo astronomico per esistere, vivere, evolvere. Esistono, vivono, evolvono con voi e contemporaneamente a voi, ma forse è più preciso dire all'unisono con voi.

Per l'individuo vivere significa sentire. La natura del sentire individuale è tale che rende l'idea di un "provenire da," e "volgere a"; è un "sentire" finito, limitato. I suoi limiti sono la causa della separatività dal tutto, del percepire un "ora" dopo l'altro, di sentirsi "io" in confronto al "non io".

Tutti i "sentire" compresi nella lunga esistenza di un individuo che contiene "sentire" semplici e "sentire" complessi, sono allineati con gli analoghi "sentire" degli altri individui.

Ho detto che vivere significa "sentire", allora posso dire che se c'è un "ora" questo sta a significare solo che con il mio vibrano tutti i "sentire" di analoga natura, appartengono essi ad individui ubicati nel passato o nel futuro astronomico.

Questa affermazione inizialmente ci porta a delle considerazioni che ci lasciano assai perplessi. Le vite inferiori che rispecchiano un "sentire" più semplice di quelli relativi alle vite umane sono dunque già trascorse rispetto alle vostre o comunque non vibrano all'unisono con voi. Dunque questa scena del mondo che voi percepite mentre udite queste parole, da altri è già stata vissuta e sentita in modo analogo a come voi la vedete ora, anche se con altro "sentire". Allora le vite dei Santi di cui avete udito parlare e che fanno parte del tempo passato, rispecchiano dei "sentire" più complessi, appartenendo ad individui più evoluti, in relazione ad un "ora" riferentesi al mio "sentire", non sono state ancora percepite, sentite!

Certo che è così. Ma questo ha un valore relativo. Il fatto che Francesco d'Assisi, Buddha o Cristo siano individui di grande evoluzione e quindi di grande "sentire" secondo la scala che abbiamo accennata e perciò non contemporanei a noi nella percezione del mondo, ha valore solo per Loro, non per la nostra esistenza. Chi avesse la beata ventura d'incontrarsi con queste figure potrebbe forse dubitare della Loro vitalità?

Ma oltre a ciò esiste un'altra ragione ben più valida ed è che nessuna separazione in realtà esiste, né di spazio né di tempo. L'unica separazione nasce dal sentirsi separati.

I limiti dello spazio e del tempo nascono dalla natura limitata del sentire individuale. Il sentire che voi ora percepite è la realizzazione nell'eternità di un frammento di coscienza.

Ma tutti i frammenti esistenti, semplici o complessi che siano, anche se vibranti all'unisono solo per gamme di sentire, in ultima analisi esistono da sempre e per sempre in una comunione inseparabile.

 

Spazio e tempo, duplice aspetto dell'illusione

Non possiamo, per non turbare i vostri animi, per essere rispettosi delle vostre opinioni, tacere. Se dobbiamo continuare a parlarvi, dobbiamo continuare a dirvi delle cose nuove, altrimenti basterebbe rileggere quello che con tanto amore, con tanta passione, avete già raccolto. Parlare, quindi, a costo di scandalizzarvi.

Quale aspetto può avere il piano akasico sì tanto diverso dagli altri piani del Cosmo, dove la sola forma che esiste è il "sentire"? E quale aspetto può avere questo "sentire"? Il piano akasico, pur appartenendo al Cosmo, è qualcosa di molto diverso dal piano fisico, dal piano astrale, del piano mentale.

Solo per darvi un'idea della diversità del trascorrere del tempo e dello spazio nel piano fisico in confronto alla successione, allo scorrere del tempo nel "mondo degli individui"-  solo parlando di questo - quanto  imbarazzo e quanto logorio vi abbiamo procurato! Ma certo siamo qua per questo e, pietra su pietra, cercheremo di ampliare le vostre conoscenze.

Nel piano akasico esiste qualcosa di simile al tempo perché v'è uno scorrere; e anche se questo scorrere è generato dalla natura stessa del "sentire", che dà l'idea di provenire da un "sentire" precedente e dello sfociare in un "sentire" seguente, cioè se anche - nel piano akasico - questo trascorrere è un'illusione nei confronti della Realtà, pur tuttavia agli effetti della percezione soggettiva esiste questo scorrere, c'è questa sorta di tempo, tanto per così dire. E c'è dunque spazio, perché lo spazio ed il tempo - sia pure in forma diversa - esistono ed imperano in tutto il Cosmo come enti inscindibili anche se profondamente diversi da un piano all'altro. In ultima analisi, che cos'è che differenzia un piano dall'altro, se non lo spazio e il tempo i quali non sono che il duplice aspetto di una stessa cosa; di una stessa illusione avente duplice faccia?

Nel piano fisico, sembra che il tempo trascorso cada nel nulla e non sia più esistente, che lo spazio possa contenere una quantità finita di corpi. Invece, quante volte esiste questo tempo nel piano fisico! Tutte le volte che questo fotogramma è "sentito" da qualcuno che in questo fotogramma è raffigurato, tutte le volte che una creatura rappresentata in questo fotogramma finalmente lo percepisce, la data di oggi, vive, esiste. E questo spazio? Possiamo parlare di spazio se nel Cosmo esistono contemporaneamente tutti i tempi? Dunque lo spazio quante volte si sdoppia, centuplica? Quante volte! Spazio e tempo non sono che il duplice aspetto di una stessa entità illusoria. 

Ogni piano ha un suo spazio ed un suo tempo, ed i piani si differenziano per questo. Spazio e tempo sono strettamente legati alla densità della materia; tuttavia essi acquistano realtà ove è la sede della percezione, il "sentire individuale". Lo scorrere dell'orologio e il misurarsi dello spazio nel piano fisico ad opera degli individui - perché sono solo gli incarnati nel piano fisico che, dentro di loro, creano lo spazio ed il tempo del piano fisico - avviene solo ed unicamente in funzione dello scorrere del tempo nel piano akasico, nel "mondo degli individui". Perché è là che viene scandito, in qualche modo, il tempo cosmico, l'unico che ha parvenza di scorrere, sia pure illusoria. E' là che è scandito il ritmo dell'evoluzione. Quando è l'era del "sentire" A, tutte le creature esistenti percepiscono il loro "sentire" A nel piano fisico, ovunque questo sia collocato: misurano lo spazio nel quale è il corpo fisico, e leggono il tempo, la data nella quale essi vivono. Così è per i "sentire" successivi, intendendo per successivi i più complessi.

Se dunque una successione convenzionale noi dobbiamo mantenerla per non vedere crollare tutto, questa è l'unica alla quale possiamo momentaneamente appoggiarci.

 

Carattere unitario del Tutto

 

In un'epoca in cui molto si parla di viaggi cosmici, vogliamo anche noi compiere un viaggio immaginario, sulla base di quello che vi abbiamo detto: dall'Eterno Presente - se ciò fosse possibile - vogliamo dare un rapido sguardo al Cosmo, per scoprire il senso e la portata delle varianti.

Se del Cosmo esiste già tutto, nell'ipotesi che adesso ponevo di questo viaggio immaginario, quale paesaggio troveremo? E' chiaro che dovremmo fissare la meta del nostro peregrinare, cioè dovremmo fissare in quale punto ed in quale tempo approdare.

Infatti, poiché tutto esiste già, non troveremo l'epoca che voi state vivendo, ma tutte le epoche. Ponendo di scegliere questo tempo e questo spazio, noi troveremmo una staticità dell'esistente e non percepiremmo movimento se non limitassimo la nostra attenzione a ciascuna situazione ed al moto che queste situazioni avviano, da una all'altra. Solo allora troveremmo il movimento che voi percepite ora.

 

Dunque Eterno Presente e Cosmo non sono poi tanto lontani fra loro. Per entrare nel Cosmo si tratta di limitarsi, limitare la propria percezione alla situazione che si desidera seguire, perché tutte le situazioni esistono già. Così pure se volessimo visitare il piano akasico, dovremmo scegliere a quale punto di successione dei "sentire" noi vorremmo fissare la nostra attenzione; altrimenti egualmente troveremmo una situazione statica perché il moto - quale voi lo conoscete e lo "sentire" - nel senso assoluto non esiste.

 

Voi sapete che la successione nel piano akasico si chiama passare da un "sentire" elementare ad un "sentire" in forma più intensa, che avviene contemporaneamente per ogni individuo, perché tutto ciò che è equipollente, vibra, agisce, svolge la sua funzione nello stesso modo. Da qui nasce la contemporaneità del "sentire" nel piano akasico. Se nel piano akasico esistono tante forme di  "sentire", dalla più semplice alla più complessa, e illusoriamente sbocciano, tanto per dire qualcosa, ciò non può che avvenire contemporaneamente per ciascun grado di "sentire" analogo. Non vi sarebbe motivo che "sentire" equipollenti esistessero in modo diverso. Due corde di violino che siano accordate sulla stessa nota, vibrano all'unisono. Tanti sono gli esempi che potremmo fare; ma credo che non vi sia bisogno d'altro per comprendere questo concetto.

 

Nel piano akasico ogni "sentire" individuale è presente e di ciascun individuo la gamma completa. Come nel piano fisico, ogni fotogramma rappresentante i veicoli fisici di ciascun individuo è presente. 

Lo scorrere, ho detto, si ha solo se si limita l'attenzione a ciascun fotogramma ed al movimento cui questo fotogramma induce. Così la vibrazione del "sentire" nel piano akasico avviene in modo analogo; ogni "sentire" è presente, ma è per sua natura che induce e sfocia in un "sentire" successivo. In forza di un "sentire" alla volta nasce lo scorrere del "sentire" nel piano akasico; che, come abbiamo visto, dà luogo alla vita di "sentire" in tutti gli altri piani: di sensazione, di emozione, di pensiero, di sentimento. Alla vita dell'individuo, in parole povere.

Se dunque noi vogliamo scendere nel piano akasico, dobbiamo fissare la nostra attenzione ad un livello di  "sentire" e legarci a quello per seguirne lo scorrere. Ed allora vedremmo che l'aspetto del Cosmo acquista tutto un significato diverso, una luce assai differente. Mentre da uomini vedevamo una serie di avvenimenti scorrere contemporaneamente, cioè secondo l'epoca e lo spazio scelti, adesso non più: adesso vediamo che tutte le epoche e tutti gli avvenimenti sono ricettacoli di "sentire".

 

Individui ubicati in tempi e spazi diversi, sentono contemporaneamente, giacché il "sentire" equipollente vibra all'unisono.

Così Tizio dell'antica Roma, vive e "sente" contemporaneamente al rag. Rossi della vostra epoca.

A questo punto, quale significato può avere la variante? Se tutto è già, come si può parlare di libertà dell'uomo? Certo tutto esiste già, non v'è dubbio su questo. E' una deduzione logica, forse di altri postulati: ma certo che ha una sua valida spiegazione. Se l'Assoluto è il Tutto, tutto sa, tutto conosce, tutto comprende; anche le nostre scelte dunque esistono già.

Ma siamo poi sicuri che dire: "poiché tutto esiste già" vuol dire che io non ho scelta alcuna? Siamo sicuri che dire: "tutto è già esistente" significa che l'individuo non abbia libertà? E' questa, infatti, una deduzione errata, perché ho detto or ora che Dio non ha, ad un certo momento - momento che non può esistere - emanato o creato il Cosmo. Il Cosmo è esistito da sempre. L'inizio e la fine del Cosmo sono nell'ambito stesso del Cosmo, perché il Cosmo è limitato ed ha un inizio ed una fine; ma ciò non ha riscontro nell'Eterno Presente.

 

Se Dio avesse emanato il Cosmo nel senso che le religioni danno al concetto della Creazione, questa non potrebbe essere avvenuta che in un solo attimo. E l'attimo in cui il Tutto avrebbe emanato il Tutto, comprese le vostre scelte, le avrebbe emanate quali voi le vivete, non in base ad un suo disegno, ma in base alle vostre scelte. Non è un sillogismo. Dunque voi che scegliete, non seguite un disegno di Dio. Piuttosto è giusto il contrario: il disegno di Dio è quello che è in base alle vostre scelte. La cosa, come vedete, è molto diversa.

 

Dire che tutto esiste già, non significa dire che l'uomo non ha scelta. Dobbiamo dire che tutto esiste già in funzione ed in virtù delle scelte dell'uomo, degli individui.

"Come? - voi direte. - Ma noi ancora non le abbiamo operate queste scelte!". Non ha alcuna importanza, ripeto. Nella mente dell'Onniscienza non esistono questi limiti. Tutto è stato fatto secondo un disegno che lascia all'uomo una certa libertà.

I limiti di questa libertà voi li conoscete.

Ma come può allora esistere una variante se già tutto esiste?

Ma per dire, e per essere, che l'uomo esista e viva e "senta" nei limiti della sua libertà relativa, è necessario che questa libertà di fatto si concretizzi nel Cosmo. Per dire che l'uomo ha una certa libertà, il Tutto deve esistere nella misura di questa libertà. Per dire, per esistere un Kempis che ha la possibilità di fare una scelta, deve esistere nel Cosmo un'azione e la sua variante; ovverossia offrire questa possibilità di scelta, anche se già esiste la scelta che io farò. Ripeto: tutte le volte che l'individuo ha la possibilità reale e concreta - non facente parte quindi di quella libertà illusoria che decuplica la libertà individuale - di poter fare un'azione o non farla - dunque anche quelle azioni che rientrano nella sua libertà relativa spuria - esiste una variante. Il duplice svolgimento degli eventi è egualmente vivente ed esistente.

 

Allora quale peso ha mai seguire l'una o l'altra versione nei riguardi dell'esistente? Vedete come tutto sembra disperdersi! Come questo unico Cosmo sembra ancora una volta diventato una sfera dalle mille sfaccettature che tutte rispecchiano una storia diversa e che scompongono, così, la Realtà in tante immagini l'una differente dall'altra? Questa non è la visione esatta perché il Tutto ha una Sua unicità e tutto, alla fine, conserva un carattere unitario.

E' vero, può accadere - debbo dirlo? - che un fatto che voi considerate avvenuto in un modo, sia da altri vissuto in un modo diverso. Che un colpevole, visto da centinaia di testimoni, in effetti sia innocente, perché ha vissuto una versione diversa dell'avvenimento. Ed allora, come giudicare? Voi stessi avete convenuto che l'uomo non può, non ha gli elementi per giudicare.

 

Non smarritevi in questa realtà che sembra sfuggirvi. Non temete di perdervi. Pensate come tutto è stato fatto in modo perfetto. Pensate come tutto è stato fatto nel rispetto di una vostra libertà, anche se questa libertà vi viene concessa gradualmente per il vostro stesso bene. Pensate a quante cose nuove avete conosciute che vi sono state date in modo, forse, incredibile. Pensare a come gli eventi nascondano substrati, conoscenze, fatti, fattori, influenze diversi. Ed abbiate la forza di non smarrire la ragione.

 

                       * * *

 

Chi è qua presente questa sera è in un numero esatto.

Questo numero è il risultato ben preciso delle vostre presenze.

Qua vi sono coloro che debbono venire e coloro che hanno libertà di scegliere di venire o non venire. Mancano coloro che non debbono venire. Questo fotogramma sarà vissuto certamente da coloro che debbono venire; probabilmente da coloro che hanno la libertà di scegliere di venire. Non sarà vissuto, logicamente, da coloro che non debbono venire, e qua quindi non sono rappresentati.

                                                    X

 

 

Capisaldi del concetto delle varianti

 

Ricordo che una volta fece scalpore - ma non tanto quanto queste ultime Verità - la nostra affermazione che alcuni che credete morti sono vivi ed altri che credete vivi sono morti.

Allora parlavamo dei sepolti vivi e dei pazzi; delle morti e delle vite apparenti. Dicevamo che certe forme di pazzia sono in effetti forme di morte, perché dietro quei corpi fisici, astrali, mentali istintivi, non si nasconde un "sentire", un'anima, un individuo. Sono quindi morti-viventi, che così sono per karma di familiari o di società.

Ora, conoscendo ciò, non deve destarvi meraviglia il fatto che il "sentire" non sia contemporaneo e che l'interlocutore che vi sta di fronte e che parla con voi, che risponde a tono alle vostre domande, che dimostra le sue emozioni, che è vivo in parvenza, possa "vivere" ciò che voi vivete in modo sfalsato rispetto a voi; possa averlo "sentito" prima, o "sentirlo" successivamente, o addirittura non "sentirlo" mai. Il processo è equivalente.

E come nella pazzia furiosa l'individuo sta al di là, non è legato a quel veicolo fisico che voi conoscete pazzo, ma se ne vive nel piano akasico altre esperienze, così l'interlocutore che voi vedete "sente" altri fotogrammi, diversi da quelli che voi in questo momento state  "sentendo". Cioè quel capitolo della sua vita individuale che s'incrocia con il vostro, e che voi ora state leggendo, sarà da lui, o è stato da lui vissuto, "sentito" in un momento, non contemporaneo a voi. 

 

Conosciute queste Verità, la realtà fisica non cambia; voi avete sempre di fronte a voi le creature che avete. Se pensate che il suono impiega un certo tempo per percorrere uno spazio, voi già vedete che - senza ricorrere al concetto dello sfalsamento del "sentire" individuale - già nel concetto della comunicazione che avviene attraverso alla parola nel piano fisico, impera una diversità di tempi. Dal momento in cui l'ugola mia - o quella che mi è prestata - emette dei suoni, fino a quando questi giungono ai vostri orecchi, passa un tempo, perciò esiste una non contemporaneità fra voi ed i vostri uditori. Esiste una sfalsatura alla quale siete abituati, che chiamate impercettibile, minima; ma che esiste. 

 

Ebbene, tutto questo avviene senza che nulla cambi; il fenomeno vi è diventato consueto e non vi dà problemi, come invece sembra darvi la non contemporaneità del "sentire", a proposito della quale vi siete chiesti se ciascun fotogramma contiene un "sentire". Contiene gli elementi che costituiscono il corpo fisico; contiene gli elementi che costituiscono il corpo astrale e quelli che costituiscono il corpo mentale. Quando l'individuo si lega a questo fotogramma, lega il suo "sentire" a questi elementi ed avviene una inter-comunicazione fra questi elementi fino a formare un tutto: allora l'individuo "vive" quei fotogrammi. Vive nella pienezza del pensiero, del sentire fisico, del sentire astrale e del "sentire" della sua coscienza. Per ora è sufficiente questo. Quando avrete comprese le "varianti", approfondiremo.

 

Allora siamo ancora tornati sul problema delle varianti ed abbiamo visto che l'individuo talvolta, anzi spesso, si trova - in virtù della libertà che ha acquisito - di fronte alla possibilità di scegliere di percorrere una serie di fotogrammi piuttosto che l'altra. Che cosa vuol dire questo voi lo sapete: che in ciascuna serie di fotogrammi egli è rappresentato, le due varianti sono equivalenti. In una è rappresentato come facente una certa azione, nell'altra impegnato in una diversa. Le due versioni sono egualmente vive e valide tanto che l'Assoluto - se si potesse dire che le ha concepite in un momento - quando le avesse concepite non l'avrebbe fatto secondo un Suo desiderio, ma secondo le scelte stesse che l'individuo ha possibilità di operare.

 

A qualcuno può sembrare strano che nel momento in cui un individuo sceglie di percorrere una serie di fotogrammi in cui è visto compiere una certa azione, nella variante a questa serie, egli sia - per gli altri - vivo, palpitante, reale, apparentemente e sostanzialmente, come in quella serie che egli ha scelto.

Se di fronte a voi fosse stato creato un automa - a vostra insaputa - talmente perfetto da rispondere alle vostre domande e interloquire con voi, non vi accorgereste mai di avere di fronte a voi un essere senz'anima. Il fatto che al di là di quel bel parlare, di quel ben rispondere alle vostre domande non vi fosse nessun "sentire", riguarderebbe unicamente l'automa e non voi. Ecco perché noi vi diciamo che il fatto che questo "sentire" sia sfalsato riguarda non voi, ma unicamente chi sta di fronte a voi. Voi siete di fronte a creature che sono complete, integre: questo dovete sempre ricordarvi. Vi abbiamo rivelati questi concetti perché sono Verità e la Verità deve essere conosciuta.

 

Ma questo nuovo nostro dire non deve avere lo scopo di farvi "distinguere" le creature; non deve essere un pretesto per dividervi da loro. Sono tutte eguali, sono tutte quelle che sono e tutte - lo diciamo - vivono contemporaneamente, "sentono" contemporaneamente nel piano akasico. Tutti i "sentire" analoghi vibrano all'unisono. Che poi trovino riscontro nel piano fisico in tempi e spazi diversi, non ha alcuna importanza. Ciò che vedete delle creature, ciò che voi ascoltate, non è la loro realtà; è la loro manifestazione esteriore e non ha importanza che il loro "sentire" esista prima o dopo, in modo sfalsato rispetto al vostro. La realtà delle creature sta al di là della manifestazione esteriore, delle loro parole, del loro reagire, del loro condividere i vostri pensieri, i turbamenti e le contentezze.

Questo dovete sempre ricordarlo, figli e fratelli, per percorrere questa nuova via che è una via di Verità. Verità veramente rivelata a pochi; comunque necessaria, indispensabile per comprendere la Realtà.

A conclusione di questa conversazione desideriamo fare il punto, come si suol dire, circa la realtà delle "varianti" riassumendo, dalle precisazioni che di volta in volta vi abbiamo date, i capisaldi essenziali:

 

1) Il Cosmo è la vulva nella quale viene alla luce la coscienza, cioè il "sentire per eccellenza" la cui gamma può essere sintetizzata in sensibilità - consapevolezza - coscienza individuale - coscienza cosmica - ed oltre, coscienza assoluta. Quindi la ragione o lo scopo della Manifestazione è la rivelazione della coscienza.

Ma la coscienza può venire in luce solo se nel Cosmo l'individuo ha, in misura graduale, possibilità di scegliere il proprio agire, modificarlo secondo i propri desideri, pensieri, sentimenti, in altre parole "libertà". Infatti la coscienza si può definire sentimento di discernimento liberamente operato. Ebbene,  le varianti sono proprio i mezzi che conferiscono all'individuo la reale libertà di scelta e per questo fine esistono.

Se, dunque, ha importanza la Manifestazione cosmica, questa importanza si riassume nello scaturire della coscienza che ne costituisce il motivo. Ma la coscienza non può rivelarsi se non nella libertà. Le varianti rappresentano appunto la necessaria indipendenza dell'individuo nell'ambito della quale ha modo di rivelarsi la coscienza.

 

2) Perciò le varianti esistono quando esiste la reale possibilità per l'individuo di scegliere il suo comportamento. Esse sono realizzate sul principio dell'esistenza delle cose possibili, ma non delle assurde ed esistono nella misura della libertà di cui gode l'individuo.

 

3) La variante forma, quindi, la reale alternativa della storia individuale, ma è fatto di portata analoga a quello del quale costituisce variazione, tanto che si può definire differente versione della stessa e storia non storia totalmente diversa. La differente versione del fatto cessa laddove non emergono conseguenze della preesistente possibile scelta e torna a sussistere laddove queste conseguenze possono venire in evidenza.

 

4) Le storie individuali s'intrecciano, ma nessuno può in qualche modo ingerirsi nella vita degli altri senza che ciò sia previsto dall'ordine generale degli eventi a pareggio di dare ed avere karmici. Perciò quando la variante dell'uno costituirebbe alterazione della storia dell'altro, l'alternativa può essere vissuta solo da colui per il quale ha motivo di sussistere. Questo significa l'espressione: "tutto è numero ed i conti debbono tornare ".

 

5) La storia generale non muta, quindi, in dipendenza delle scelte del singolo, tuttavia esiste in funzione di esse. Questo non è un controsenso: quando l'individuo vive il momento della scelta, percepisce nel tempo ciò che esiste da sempre nell'eternità; l'esistente è come è, proprio in funzione delle scelte individuali, ma non in loro dipendenza. Le varianti esistono proprio perché la storia generale non sia in dipendenza delle scelte singole, ma sia solo in funzione di esse.

 

6) I duplici, o molteplici, tracciati delle vite individuali sono egualmente esistenti. Infatti, se per comodità di comprensione ci serviamo della finzione che tutto sia stato creato, ci è più chiaro capire che nel momento in cui Dio crea la storia di un uomo e gli dà, in certe occasioni, la libertà di scegliere, dovrebbe concepire le varianti, cioè stabilire che quell'uomo in quella circostanza potrà comportarsi in un certo modo o in maniera differente. Ebbene, indipendentemente da quello che sarà l`arbitrio, le vie da scegliere dovrebbero essere da Dio concepite con la stessa potenza creativa se per l'uomo dovranno poi rappresentare una reale alternativa.

Così i differenti tracciati della vita di un individuo sono egualmente reali, sia pure di realtà soggettiva, ed il vivere l'uno, piuttosto che l'altro, fa parte della libertà individuale. La collettività segue sempre quei rami della storia che non sono in dipendenza delle scelte individuali. In questo modo gli esseri di cui è

permeato un Cosmo potrebbero vivere uno alla volta, separatamente dall'altro, la loro esistenza senza che si verificasse differenza alcuna nella loro vita qual è vissuta coralmente.

 

7) Nella comprensione di tutto ciò sta la spiegazione di come può esistere la libertà di scelta in una Realtà tutta presente ed immutabile; comprensione che è preludio alla piena cognizione della "sintesi" fra "divenire" ed  "essere".

 

 

Pagina iniziale