La Speranza 

Tratto dal libro "Per un mondo migliore" - Edizioni Mediterranee

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Nella storia della civiltà vi sono alcune scoperte e invenzioni la cui utilità è stata veramente fondamentale ed universale; ad esempio il fuoco, la ruota, la leva e via e via. Cosí nell'odissea dell'homo sapiens - questo essere che dalla prima forma di individualizzazione evolve fino a dimenticare la propria individualità per accendersi del piú puro altruismo - c'è qualcosa di altrettanto fondamentale e universale. Certo non si tratta di un bene materiale, non si tratta di una dote naturale di cui piú o meno tutti siano provvisti. Si tratta di qualcosa di inafferrabile, non di rado infondato e assurdo, ma che dà, a chi lo possiede, talvolta, piú di un aiuto materiale, di un bene prezioso. Parlo della facoltà di sperare: della speranza.

 Oh, speranza, cara amica dell'uomo, quanto gli dai in cambio di nulla, perché non costa sperare! Tu addolcisci ogni angoscia, ogni dolore; tu aiuti a sopportare, ad accettare; tu apri uno spiraglio di luce a chi è immerso nell'oscurità anche piú greve. Ed è per quello spiraglio che non è sopraffatto, che non soccombe. Anche nelle situazioni disperate - cioè senza speranza - tu non ti rassegni e in altra forma, con altra promessa, soccorri l'infelice. Chi è che aiuta a tener duro, a resistere nella tempesta delle avversità? La speranza che tutto finisca. Chi è che oppone resistenza alla malattia e ne impedisce il dilagare piú di ogni medicamento? La speranza di guarire. Chi fa sopportare duri sacrifici, talvolta con forza sovrumana? La speranza di riuscire, di raggiungere la mèta. Se non vi fosse la speranza di raggiungere l'oggetto del proprio volere, la volontà mancherebbe e lo sforzo, la fatica, sarebbero decuplicati e, quel che piú importa, infruttuosi.

Ma ditemi: chi intraprenderebbe un'impresa se non sperasse di riuscire nel suo intento? Per rendersi conto di quanta forza, coraggio e conforto rechi la speranza, basta pensare al suo contrario: la disperazione. E quanto soffrano coloro a cui la speranza non arride piú, lo si capisce chiedendosi: chi può fare a meno di sperare? Chi è tanto forte da accettare una condanna della vita, senza illudersi che qualcosa, all'ultimo momento, lo salvi? Chi rinuncerebbe a una promessa di aiuto nel bisogno?

 Fra coloro che la speranza non soccorre vi sono i pessimisti. Poveretti! Sono da compiangere. Si, è vero, possono aver ragione, ragione a non confidare; ma possono anche aver torto e allora perché rinunziare in partenza a quell'afflato che la speranza sa donare? Per non rischiare la delusione? Bene, io vi dico invece: rischiate. Quel teorico cinquanta per cento di delusione che potreste avere è piú conveniente di un cento per cento senza speranza.

 E poi, perché non sperare? Perché darsi per vinti, perché mettere limiti alla potenza di Dio? Fra i casi giudicati senza speranza, ce n'è sempre almeno uno che, invece, si è risolto diversamente. E perché il vostro non potrebbe essere il secondo? Però sappiate che tutti i casi che si sono risolti felicemente, nessuno escluso, erano vissuti nella speranza.

 Ma se certe speranze vengono deluse e si dimostrano poi, nella realtà, vane, allora che cos'è la speranza? Assegnamento o chimera, conforto o illusione? Miraggio o promessa? Prospettiva o sogno? La speranza è tutto questo: è sogno, miraggio, illusione, chimera quando non si realizza, ma anche quando è così, la delusione non cancella ciò che la speranza, prima, ha donato.

 Credetemi, il Creatore dando all'uomo la possibilità di sperare gli ha fatto un dono meraviglioso. Saggiamente il cattolicesimo fa della speranza una virtú teologale, cioè una di quelle virtú infuse da Dio nell'uomo per la sua beatitudine soprannaturale.

Sapete che cosa vi dico? Se la Verità del Tutto, se la conoscenza del vero significato di tutto quanto accade, se la Realtà dell'esistente non fosse essa stessa di per sé speranza, vi direi che è piú importante infondere speranza che far conoscere la Verità; e se dovessi scegliere fra l'essere Maestro di qualcuno o, invece, rappresentare per lui la speranza, vi assicuro che con immensa gioia sceglierei d'essere la sua speranza, perché non ci può essere niente di piú bello e gratificante che essere la speme di una creatura.

 Ma, badate bene, io non vi parlo di quella speranza dell'abu­lico, del rassegnato; io vi parlo di quella speranza, anche irrazio­nale, ma che dà fiducia, stimola ad agire, a non darsi per vinti.

Non vi parlo di quella speranza che è evasione dalla realtà. Vi parlo di quella speranza che, pur nella piena consapevolezza della situazione presente, non abbandona. Anzi, piú sembra assurda e piú dà accanimento a credere in un domani migliore, raggiungibile attraverso l'opera nell'oggi. Questo è il punto! Non la speranza che, inerme, vi fa attendere che la soluzione piova dal cielo, ma quella che la combattere perché dà la fiducia che la lotta, in qualche modo, possa essere vinta. E quand'anche ciò non fosse, la vera speranza non si spegne, ma dà la fiducia che niente è mai veramente perduto e che alla privazione segue, per una legge naturale e divina, una dotazione piú grande.

La vera speranza rende fidenti che chi si ama veramente, per una legge naturale e divina, non viene mai definitivamente diviso e che, a una momentanea separazione, segue un'unione piú bella, piú viva, piú consapevole, piú sentita, piú desiderata e mai più interrotta.

 Se avete una minima fiducia in me - e lo credo, perché altrimenti non stareste ad ascoltarmi, nemmeno per curiosità allora, vi prego, credetemi. lo vi dico che tutto accade per il vostro vero bene e che nel mondo invisibile che sperate esista non avete degli esseri ostili che fanno di tutto per farvi soffrire, ma creature che vi amano e che fanno di tutto per farvi crescere, maturare, rendere piú coscienti, piú liberi e felici.

 Si, fratelli, se ancora non l'avete capito, il mio non è un invito alla disperazione: è un invito a sperare! « In che cosa? » sento che vi chiedete. E vi vedo girare attorno lo sguardo, mentre un'espressione di sgomento si  rivela sul vostro volto. Sí, certo, le stragi fini a se stesse mietono vittime innocenti, stroncano la vita di inermi passanti. Ma io vi dico: sperate! I fatti obbrobriosi sono subito dimenticati e finiscono col passare quasi inosservati nell'indifferenza generale. Ma io vi dico: sperate!

 Pare che l'onestà sia un antico ricordo; un'usanza di tempi ormai superati che non ha piú senso, ma io vi dico: sperate!

Nessuno sembra piú disposto a lavorare, a faticare, a sacrificarsi, a fare il proprio dovere che costa, ma io vi dico: sperate!

 Nessuno piú vorrebbe rivestire il ruolo di essere anonimo che svolge i servizi piú umili, in silenzio, ma io vi dico: sperate!

 Ognuno pretende, con prepotenza esige e non vuole essere secondo a nessuno, ma io vi dico: sperate!

 I buoni sono irrisi, sembra che siano premiati i peggiori e che i disonesti la facciano franca, ma io vi dico: sperate!

 « Sperare in che cosa? », voi vi domandate. Non' c'è nessuno in cui sperare; nessuno che sembri lavorare, industriarsi, agire non per se stesso; non c'è qualcuno che possa essere levato a simbolo, additato ad esempio.

 Allora vi dico: c'è una schiera di creature anonime, silenziose, che non fanno cronaca, che non conoscono la lusinga del successo, la tentazione del potere, la sete di possedere; che si accontentano di quello che hanno, non perché non potrebbero avere altro, ma perché hanno capito, che sono pronte a donare; che non si sentono umiliate a rivestire ruoli umili, a mandare innanzi altri, solo che ne vedano il valore; che sono pronte a sacrificarsi, solo che si convincano che ne vale la pena. Son loro che mi autorizzano a dirvi: sperate! Sperate in un domani migliore, nell'uomo migliore, nella virtú trionfante, nel buon senso che prevale, nella coscienza che si desta, nella volontà di creare un mondo piú bello, nella speranza che ritorna: perché sperare è carezzare, è concepire il bene, è cullare, è infondere fiducia, è nutrire, è pascere, è rinverdire, è dare forza. Sperare è creare!

 Che la speranza sia con voi!

                                                                                                                                                                                                                       KEMPIS

 

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