(Estratto dal libro La fonte preziosa - Edizioni Mediterranee)
Il cartesiano cogito ergo sum, cioè " penso quindi esisto ", mise in crisi il pensiero filosofico occidentale fino ad allora esistito, che aveva ammesso reale - cioè in se stesso esistente - tutto quanto è oggetto della conoscenza dell'uomo; mentre l'affermazione di Cartesio rendeva certa solo l'esistenza del soggetto pensante. Una simile concezione trova nel solipsismo la sua estrema posizione, perché afferma come realmente esistente solo il soggetto percipiente, in quanto ogni altra cosa o persona sarebbero solo sue percezioni. Chi ha seguito ciò che in più occasioni abbiamo detto, sa che noi affermiamo che esiste solo ciò che sente in senso lato, ossia che percepisce, e ciò che è sentito ossia percepito; quindi le cose che non sentono e sono percepite saltuariamente, esistono solo allorché sono percepite. Non solo: abbiamo detto anche che le cose che sono percepite non esistono in sé come vengono percepite: la loro realtà - al di là delle limitazioni dei soggetti percepienti - è la realtà della sostanza indifferenziata. Sicché gli oggetti che cadono sotto la vostra attenzione, come voi li percepite esistono solo nella vostra percezione ed in forza delle sue limitazioni. Quindi, se venissero meno le limitazioni percettive sparirebbero gli oggetti, e non sareste voi a non percepirli più, pur essendo essi ancora esistenti oggettivamente, bensì l'inverso: non esisterebbero più in quanto voi non li percepireste più. Allora, la realtà dei mondi della percezione è come un sogno che non esiste se non nella mente del sognatore, che finisce di esistere col risveglio del dormiente ma che in se stessa non esiste? Non è cosi, ma è qualcosa di molto simile. Vedrò di spiegarmi meglio. E' chiaro che la Realtà è la vera qualità e condizione
di tutto quanto esiste; ed è chiaro che la realtà è
tanto meno relativa quanto più è totale. Ora, la Realtà
assoluta non contiene oggettivamente esistenti i mondi che voi conoscete
e quali li percepite come se fossero una porzione di essa Realtà,
allo stesso modo di come voi considerate il pianeta Terra il contenitore
dell'intera realtà della Terra in un certo tempo. Questo perché
la Realtà assoluta, prescindendo da ogni limitazione, non può
contenere oggettivamente esistenti quei mondi la cui esistenza è
frutto appunto della limitazione. Questo discorso è la conseguenza logica di una determinata concezione di Dio, cioè di Dio Assoluto e quindi, come tale, che comprende in sé tutto quanto esiste, perciò di un Dio immanente, ma al tempo stesso trascendente perché non condizionato dal tutto esistente. Certo, ciascuno è libero di immaginarsi anche una concezione assurda di Dio, come quella del Dio-persona che con un atto di volontà ha creato il mondo fuori di sé; ma, cosi concependolo, implicitamente lo pone dentro un tempo con tutto quello che segue, come per esempio l'ineguaglianza a se stesso e perciò la non costante perfezione. Inoltre lo rende incompleto perché mancante della sua creazione, estranea al suo essere. Altrettanto dicasi se lo si immagina come forgiatore del caos materiale preesistente. Insomma, l'unico concetto del divino che logicamente consente di attribuire a Dio i caratteri di assolutezza, infinità, eternità, completezza, perfezione, onnipresenza, onniscienza, eccetera, è quello di cui vi parliamo continuamente. Chiunque creda in Dio può immaginarLo come vuole, anche come un asino volante, ma implicitamente crede al Dio di cui vi parliamo perché è l'unico che può esistere. Parlare della Realtà è parlare della sua natura. Allora, concesso che la Realtà assoluta non può contenere come oggettivamente esistenti i mondi che voi percepite, e al tempo stesso, dato che niente può essere estraneo ad essa altrimenti non sarebbe tale, quei mondi sono contenuti in essa quali sono percepiti dagli esseri. Mi rifarò all'esempio del colore, che penso possa chiarire. Il
colore in sé, quale è percepito, non esiste come lo conoscete
perché è un prodotto della mente percepiente. In Dio non esiste il colore azzurro, ma esistono tanti azzurri quanti sono quelli percepiti dagli esseri. Allo stesso modo è del freddo o del caldo: nella Realtà assoluta non esiste freddo o caldo, perché le cose in sé sono fredde o calde solo in relazione alla valutazione del soggetto percepiente. In una delle ultime comunicazioni ho affermato che a qualità
diverse corrispondono sostanze diverse e che nella dimensione in cui non
esiste la percezione - cioè nel mondo del sentire - la qualità
si identifica con la sostanza. Cerchiamo di immaginare la sostanza di cui è costituito Dio nella sua totalità: essa non può che essere in sé ad uno stato indifferenziato. Infatti, se come prima ho spiegato si ammette l'impossibilità che i mondi esistano oggettivamente inseriti nella Realtà assoluta, ne deriva che la divina sostanza da cui essi trarrebbero esistenza è oggettivamente indiversificata: ed ecco la famosa unità base identica per ogni cosa esistente, sempre intuita e ancora ricercata. Tuttavia, per coglierla in quella condizione di indifferenziazione, è necessario coglierla nella sua totalità. Supponiamo, ora, in questo oceano di coscienza impersonale, di creare
un centro di coscienza in qualche modo distinto dal resto, ossia un centro
individualizzato, e di dargli la capacità di percepire la sostanza
divina nella quale è immerso. Ora, il fatto stesso di enucleare
una parte della sostanza divina per farne un centro di coscienza, implica
necessariamente una limitazione; cosicché la percezione della restante
sostanza nella quale il centro autocosciente è immerso, è
una percezione necessariamente limitata. L'effetto della percezione limitata
è quello di vedere diversificata la sostanza in se stessa indifferenziata,
e di vedere come oggettivo un mondo che, al di là della limitazione
del soggetto percepiente, non esiste. Allora, quando affermiamo che a qualità diverse corrispondono sostanze diverse parliamo di quel mondo che è costruito dal soggetto percepiente in forza delle sue limitazioni percettive, che è comune a tutti i soggetti che percepiscono con le stesse limitazioni e che, per questo, ha parvenza di oggettività ma che in effetti non esiste oggettivamente. Sicché le sostanze diverse non lo sono in assoluto: appaiono, si mostrano diverse solo alla limitazione dell'ente creatore. E' difficile per voi comprendere tutto ciò perché, per
voi, una cosa se è vista da tutti è oggettiva, esiste indipendentemente
dal soggetto percepiente; mentre cosi non é. Anche nel campo della
pura soggettività, esistono le allucinazioni collettive. Il fatto
che un fenomeno si riproduca tutte le volte che si riproducono certe condizioni
e che sia visibile a tutti, non significa che la sua realtà sia
oggettiva in senso assoluto. Questa è la realtà nella quale vive l'essere limitato; una realtà che, come ho detto, non può essere oggettiva. Perché non potrebbe essere totalmente soggettiva? Un sogno individuale svincolato da ogni punto di contatto con i sogni altrui? Certo una ragione c'è perché non sia cosi. E la si può spiegare dal punto di vista della evoluzione dell'essere; ma è già viziata in partenza perché l'essere non evolve al di là dell'apparente divenire; oppure dal punto di vista della natura di Dio, correndo il rischio di dare una spiegazione incomprensibile e quindi inutile. Tuttavia può esistere una iniziale via di mezzo che rappresenti un primo approccio alla questione. Spero che abbiate posto attenzione al fatto che - incubi a parte - nei
sogni sia estremamente facile capire qualcosa, scrivere bene, cantare bene
e via dicendo. Insomma nel sogno, ad esempio, una poesia è bella
non perché la si è letta e giudicata tale, ma perché
la storia che si sta sognando la esige bella: è bella a priori.
Se poi devi leggerla, ti sfuma fra le mani, non la cogli più; però
rimane la convinzione che si tratti di una bella poesia. Il fatto è
legato all'allontanamento della percezione della realtà fisica.
Infatti, quanti sono per esempio i pittori che si drogano e sotto l'impulso
alienante della droga credono di dipingere chissà quale capolavoro,
rimanendo poi delusi cessato l'effetto alienante? Ed è logico che sia cosi: se fosse possibile evolvere assolutamente
prescindendo dal piano fisico, perché esisterebbe questo piano?
Chi dice che esistono esseri che hanno la loro evoluzione pur non avendo mai toccato i mondi della percezione parla per supposizioni e non per conoscenza diretta. O chiama esseri energie intelligenti ma prive di coscienza, come se confondesse l'uomo con i robot. A sentire meno limitati corrispondono forme di vita meno limitate e quindi mondi meno grossolani; perciò gli esseri continuano la loro evoluzione anche fuori dai mondi della percezione, quando il sentire che manifestavano è ampio. Ma il sentire più semplice, che necessariamente fa parte della loro individualità, non può che manifestarsi e sussistere nei mondi grossolani. Questo proprio per il concetto di realtà. Infatti quei mondi non esistono oggettivamente, cioè indipendentemente da coloro che li abitano, ma esistono proprio per creazione percettiva dei loro abitanti: sono creati dai sentire più semplici. Ecco perché diciamo che le situazioni dei mondi della percezione non sono che estrinsecazioni del sentire. Ogni essere è un insieme di sentire legati in successione logica dal più semplice al più complesso, che quindi si manifestano nella stessa successione. Dire che esistono esseri che non si sono mai incarnati, o mai si incarneranno, è come dire che esistono esseri privi di metà del loro corpo, o che è logica e conseguente e completa una equazione priva della metà della sua impostazione. Un essere non può essere completo privo dei suoi sentire più semplici, ed i sentire più semplici sono propri dei mondi della percezione: non esistono indipendenti da quelli. Ma questo non significa che ciascuno debba crearsi un suo mondo soggettivo inerente al suo sentire ed a quello debba attendere esclusivamente. Al contrario: tanto più la visione del mondo diventa soggettiva, cioè isolata, e quanto meno si evolve. Cosa succede quando un essere dal sentire ancora ancorato al mondo fisico, da esso si aliena, si distacca in qualche modo? Cessa di produrre cause, di evolvere, e, da un evento rimedio naturale, vi viene di nuovo inserito. Vivere una vita totalmente soggettiva è liberarsi di certe limitazioni non già per superamento, ma per non realizzazione, per non attuazione; quindi è impedire ad una certa quantità di sentire, di manifestarsi, di esistere. Kempis
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