(Estratto dal libro Oltre l'illusione - Edizioni Mediterranee)
Kempis - Non è una scoperta sensazionale accorgersi che l'uomo concepisce la realtà unicamente in chiave umana. Della natura si vede il capolavoro, del mondo in cui vive il sovrano; se ama gli animali è perché attribuisce ad essi caratteri umani. Se ammette l'esistenza, su altri pianeti, di forme di vita individualizzata, la massima concessione che è disposto a fare in tema di diversità da se stesso, è nell'aspetto di quegli esseri. Sì, in linea
di massima è propenso ad ammettere altre civiltà planetarie
più evolute della sua, ma i figli di quelle civiltà sono
dei se stessi ingigantiti. Per non parlare, poi, dell'aspetto mostruoso
che invece attribuisce a chi immagina di avere una natura difforme da quella
del genere umano, genere di cui vede se stesso prototipo esemplare. Perfino
Dio è immaginato dall'uomo simile a sé: nella migliore delle
ipotesi è immaginato un « buon uomo ».
Questo modo di concepire la realtà, assume una natura così
viscerale che raramente l'uomo riesce ad accettare ciò che si discosta
dal suo modo di vedere il mondo. Non crediate che. stia condannando questo
fatto, sto semplicemente rilevandolo. Rilevando cioè qualcosa che
ha una ragione precisa, fondata, nell'ordine generale delle cose, come
ho avuto modo di dire anche ultimamente.
Ma solo l'Assoluto ha valore assoluto e se il riportare tutto in termini umani produce l'effetto d'interessare e far vibrare l'uomo, giunge il momento in cui l'umano deve uscir fuori dalla propria crisalide, dal proprio minuscolo mondo, ed aprirsi all'immensità che l'attende.
Claudio - Uscir fuori dal proprio mondo, per l'uomo, al massimo può significare avere un comportamento altruistico; a questo vogliono ricondurre gli insegnamenti di altruismo delle Guide spirituali dell'umanità: « non danneggiare, aiutare, amare i propri simili ». Naturalmente, per rendere accettabile, dall'uomo, un discorso che contrasta con il suo modo di concepire la realtà, è necessario porlo in chiave egoistica; ossia è necessario affermare che il comportamento altruista implicitamente comporta un premio. L'adattamento della dottrina a se stessi avviene automaticamente, per una sorta di compromesso, ed è condizione essenziale all'accettazione della dottrina. A voi forse questa condizione può suonare poco morale, ma se così è lo è perché avete posto attenzione ad una morale un tantino più avanzata, una morale in cui i comportamenti altruistici non sono determinati da mire egoistiche, ma sono la logica conseguenza di un modo di concepire la società che solo una ideologia retrograda e crudele può affermare essere costituita da individui che non abbiano tutti gli stessi diritti-doveri.
Vi assicuro però che quello che a voi, almeno concettualmente, sembra un giusto modo di concepire l'altruismo - ossia ritenendolo veramente tale quando prescinde da ogni forma di ricompensa - per altri è ancora inconcepibile. L'ideale morale dell'uomo è ben lungi dall'essere superato.
Kempis - Se si passano in rassegna le varie morali per scoprire quelle più elevate ed ispirate, si osserva ch'esse sono ancora quelle delle antiche religioni, considerando incluse nei ceppi di origine le differenziazioni più recenti. Se l'esame dalle antiche religioni si sposta alle più recenti associazioni, congreghe, organizzazioni aventi intenti moralisti, si nota che il cambiamento è solo esteriore. Per esempio: l'uomo anziché concepito da Dio, può essere immaginato financo un'inseminazione degli extra-terrestri, ma tutto questo non significa "cambiamento della morale".
Le espressioni più alte della morale sono ancora quelle tradizionali. Badate bene, intendo dire che le concezioni ormai acquisite come scontate, sono morali cosi' umane che, se in tal modo fossero state concepite sin dall'origine, si direbbero morali concepite da uomini, più che per gli uomini. Pare che nella scuola della vita il potenziale d'istruzione dell'uomo, in fatto di morale, non conduca oltre un'istruzione media; almeno a livello generale, non v'è possibilità d'istruzione superiore.
Claudio - Anche recentissime organizzazioni a carattere mistico-filosofico,
insegnano una morale che nello spirito va poco oltre quello tradizionale.
Ogni essere è concepito in chiave di avere: avere degli attributi
spirituali come il materialista ambisce beni materiali, avere un'evoluzione
spirituale che consenta un passo avanti nella gerarchia degli esseri. E
per quanto concerne i rapporti con i propri simili, lavorare per la fratellanza
degli uomini, per la loro spiritualizzazione. Tutte cose encomiabili ,se
non fossero concepite in chiave di guadagno personale nell'evoluzione spirituale.
Come vi abbiamo detto, l'uomo difficilmente recepisce ciò che si allontana dal suo intimo essere; quando accetta una concezione, immediatamente cerca di adattarla a se stesso. Se abbraccia la causa del bene in senso morale, allora diventa un partigiano, fa del bene una parte contrapposta ad altre; cerca di fare proseliti, combatte o comunque avversa chi non la pensa come lui. Questo impegno di se stessi è preferibile all'abulia, al « non mi interessa », in ogni campo; ma è sicuro indice che non si è superata la dimensione umana.
Kempis - Per superarla e necessario porre attenzione ad una nuova
concezione di se stessi e della realtà: ossia, ad una nuova morale,
ammesso che il termine « morale » sia ancora abbastanza indicativo
per significare il raggiungimento di una «
nuova natura ».
La stessa scienza vostra - particolarmente la fisica per quanto attiene al mondo delle particelle subatomiche - avverte la necessità di superare certi postulati, certi schemi di pensiero, certi modelli ritenuti invalicabili. Questa necessità ha fatto affermare a qualcuno che non è possibile dare un senso alla realtà sulla base delle sole ricerche scientifiche: quanto più ampiamente e dettagliatamente la si osserva, tanto più essa appare priva di significato. Lo spettacolo che si svolge dinanzi agli occhi dello scienziato, acquista un senso per il solo spirito che l'osserva. La conclusione di questa affermazione è verissima.
Tuttavia ciò che sembra non avere senso, ha proprio lo scopo di
condurre a quella conclusione soggettiva; e se la conclusione appare troppo
fideistica, aggiungo: prescindiamo pure da essa, ma allora, in termini
razionali, non si può considerare privo di significato ciò
che non si riesce a capire. Questo è presuntuoso, per non dire strumentale,
al fine di ricondurre la scienza dalla parte del materialismo dopo che
aveva dato evidenti segni di volersene staccare.
Io vorrei chiarire bene che cosa intendo: se si prendono dieci carte da giuoco, di un seme qualsiasi e, dopo di averle ordinate dall'uno al dieci, si mischiano e si scoprono, nessuno si aspetterà di trovarle ordinate nel modo iniziale. Se ancora si mischiano e di nuovo si scoprono, ben difficilmente saranno in uno dei due ordini precedenti. Questo fatto non autorizza ad affermare che, in natura, l'ordine tende a diventare disordine. Se mai si potrà dire, più genericamente, che « uno stato » tende a trasformarsi in uno stato « diverso »; l'ordine è la disposizione secondo un certo criterio, il criterio appartiene alla dimensione umana ed ha un suo innegabile valore, ma è un valore relativo: un valore che serve per capire solo fino ad un certo punto. Per andare oltre è necessario trovare altri termini di raffronto.
Claudio - Noi non vogliamo fare di voi degli esseri che
non vivono secondo la loro realtà, che vivono in modo difforme dalla
loro natura e dal loro « sentire ». Semplicemente vogliamo
richiamare la vostra attenzione sul fatto che la dimensione umana, la condizione
umana, non può essere assunta a chiave di lettura del Cosmo intero.
E, in termini di morale, che esistono altre morali ben più avanzate
della vostra.
Prendiamo in esame un precetto classico. Dice Matteo 6-24:
Si afferma cioè che lo scopo di fare l'elemosina non è
quello di mettersi in evidenza agli occhi degli uomini, di avere una sorta
di riconoscimento, di ricompensa umana; e questo e un primo ideale morale.
Tuttavia il versetto promette un altro genere di ricompensa: quella spirituale.
Perciò la questione è ancora nei termini: « do, ma
ricevo ». Un modo di purificare questo concetto, o il concetto in
generale dell'aiutare, è quello di accettarlo prescindendo da ogni
forma di ricompensa personale; l'aiutare per la solidarietà che
gli uomini debbono avere fra di loro, a fondamento della quale sta - per
chi non creda ad altro- la comune condizione umana.
Invece l'uomo, per rendere meno rarefatto questo concetto, per farlo
più a sé assimilabile, vi apporta dei correttivi come, per
esempio, l'effettiva necessità d'aiuto da parte di chi si vuol beneficare,
oppure la certezza che l'aiuto sarà efficace o comunque recepito.
Ma il concetto, nella sua originaria purezza significa: aiutare anche
quando si sa che l'aiuto non serve.
A voi forse tutto questo può sembrare ridurre il precetto a semplice e freddo dovere proprio; può sembrare un togliere l'amore al prossimo dal concetto di aiutare, amore che è ispiratore di ogni forma di vero altruismo. Vi assicuro che non è così. In questa concezione dell'aiutare, l'amore assume forma imper-sonale, amore per il Tutto, amore privo di passionalità: il concetto del vero amore.
Kempis - Un tale sentimento fluisce quando si è compresa la vita, la propria unicità e la natura soggettiva della propria esistenza. Non a caso infatti l'uomo scopre la soggettività di ciascuna esistenza individuale, a mano a mano che è capace di sottrarsi all'imperioso modo di concepire la realtà unicamente in chiave umana, cioè, allorché è più pronto spiritualmente. Moltissimi sono gli « esseri »; questa molteplicità, tuttavia, non pregiudica l'unicità; ciascun « essere » è diverso, unico. Già questa riflessione dovrebbe far pensare al fatto che l'uomo, in fondo, è solo. Una solitudine non intensa nel senso umano, ma in altri sensi, fra i quali, per esempio, nel senso che l'uomo è solo di fronte alla Realtà, perché solo lui può comprenderla essendo la comprensione del Reale un fatto squisitamente individuale. Dunque
non solitudine come mancanza di compagnia. L'uomo, anche il più
accompagnato, è sempre solo; gli esseri che lo circondano, per lui
diventano suo prossimo solo se egli è capace di sentirli così.
Solo se egli dà loro vita e sentimento, altrimenti sono degli oggetti,
delle immagini.
I concetti delle varianti e della non contemporanea percezione di una
situazione nel mondo della percezione da parte di «sentire » di grado diverso, non sono concetti originali
perché fanno dell'uomo un solitario.
Nel mondo della percezione,
l'uomo, credendo di poter influire arbitrariamente nella vita dei suoi
simili, attraverso a molte incarnazioni e moltissime esperienze, acquista
rispetto e senso di responsabilità nei loro confronti. Poi scopre
che al di là dell'apparenza è solo, e nonostante ciò
conserva intatto il senso del suo dovere. Quando ha capito che le proprie
limitazioni rendono divisi, diversi, soli e ciò nonostante ama il
Tutto di un amore impersonale e privo di passionalità, allora trascende
la condizione umana, non più a lui necessaria, e vive unicamente
della Comunione dei Santi.
« Perciò tu avrai capito la vita non quando tu farai
il tuo dovere in mezzo agli uomini, ma quando lo farai nella solitudine.
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